Non ha dichiarato guerra da solo alla Procura Federale, Andrea Agnelli. E’ vero che l’ex presidente della Juventus, dimessosi dalla carica il 28 novembre assieme a tutto il Consiglio d’amministrazione a seguito dell’inchiesta Prisma della Procura di Torino, non ha accettato il patteggiamento sul secondo filone dell’inchiesta sportiva che proprio dalla citata indagine della magistratura ordinaria aveva preso le mosse, al contrario di quanto fatto dalla società bianconera, ma non è una decisione determinata dalla volontà di andare a giudizio a tutti i costi.
Ecco perché Agnelli ha scelto una strada diversa da quella della Juve
Perché allora Agnelli ha scelto una strada diversa da quella della Juventus, tanto che la sua posizione è stata stralciata dal procedimento? In un certo senso lo ha fatto per difendere la società bianconera, a cui resta enormemente legato e con cui condivideva la propensione a trovare un accordo con la Procura federale. Mentre però la Juventus aveva fretta di trovarlo, quell’accordo, per poter chiudere finalmente «lo stillicidio» di provvedimenti, per citare il termine utilizzato da Allegri a Empoli, e potersi dedicare a programmare la prossima stagione sapendo di cominciarla a zero punti come le sue rivali (resta l’incognita Uefa, come avete letto a pagina 3), Agnelli tutta questa premura non ce l’ha. Così, dopo che ieri mattina il suo legale, l’avvocato Davide Sangiorgio, ha parlato per circa mezzora, quaranta minuti, con il procuratore federale Giuseppe Chiné ed è emerso che non c’erano i margini per trovare un’intesa immediata, l’ex presidente bianconero ha preferito staccarsi per evitare di compromettere o ritardare il patteggiamento della Juventus. I colloqui però continueranno ed è possibile che anche Agnelli arrivi a un patteggiamento nei prossimi giorni. In caso contrario, andrà a giudizio il 15 giugno. Da solo, però, senza rischiare di trascinare con sé la società intera. Società che in questo modo ha anche “liberato” della propria presenza.