Agnelli smarca la Juve, con Chiné parla a parte e pensa al patteggiamento

Ieri mattina incontro tra il legale dell’ex presidente e il procuratore federale: cercheranno un’intesa, altrimenti andrà a giudizio il 15 giugno

Non ha dichiarato guerra da solo alla Procura Federale, Andrea Agnelli. E’ vero che l’ex presidente della Juventus, dimessosi dalla carica il 28 novembre assieme a tutto il Consiglio d’amministrazione a seguito dell’inchiesta Prisma della Procura di Torino, non ha accettato il patteggiamento sul secondo filone dell’inchiesta sportiva che proprio dalla citata indagine della magistratura ordinaria aveva preso le mosse, al contrario di quanto fatto dalla società bianconera, ma non è una decisione determinata dalla volontà di andare a giudizio a tutti i costi.

Ecco perché Agnelli ha scelto una strada diversa da quella della Juve

Perché allora Agnelli ha scelto una strada diversa da quella della Juventus, tanto che la sua posizione è stata stralciata dal procedimento? In un certo senso lo ha fatto per difendere la società bianconera, a cui resta enormemente legato e con cui condivideva la propensione a trovare un accordo con la Procura federale. Mentre però la Juventus aveva fretta di trovarlo, quell’accordo, per poter chiudere finalmente «lo stillicidio» di provvedimenti, per citare il termine utilizzato da Allegri a Empoli, e potersi dedicare a programmare la prossima stagione sapendo di cominciarla a zero punti come le sue rivali (resta l’incognita Uefa, come avete letto a pagina 3), Agnelli tutta questa premura non ce l’ha. Così, dopo che ieri mattina il suo legale, l’avvocato Davide Sangiorgio, ha parlato per circa mezzora, quaranta minuti, con il procuratore federale Giuseppe Chiné ed è emerso che non c’erano i margini per trovare un’intesa immediata, l’ex presidente bianconero ha preferito staccarsi per evitare di compromettere o ritardare il patteggiamento della Juventus. I colloqui però continueranno ed è possibile che anche Agnelli arrivi a un patteggiamento nei prossimi giorni. In caso contrario, andrà a giudizio il 15 giugno. Da solo, però, senza rischiare di trascinare con sé la società intera. Società che in questo modo ha anche “liberato” della propria presenza.

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Superlega, Agnelli attende il pronunciamento della Corte di giustizia europea

Una presenza potenzialmente pericolosa, quella di Andrea Agnelli: fondatore e tuttora convinto sostenitore, assieme al presidente del Real Madrid Florentino Perez e a quello del Barcellona Joan Laporta, della Superlega, l’ex presidente bianconero è nel mirino del sistema calcio che ha tentato di abbattere e che è tuttora convinto della necessità di abbattere. Una situazione che, con un legame forte tra lui e la Juventus, rischiava di vedere la società bianconera finire a propria volta nel mirino del sistema. Rischio tanto più remoto quanto più le posizioni del club e dell’ex presidente sono separate. Quanto al tema Superlega, come detto Andrea Agnelli resta convinto della necessità della riforma e attende il pronunciamento della Corte di giustizia europea sul monopolio dell’Uefa assieme a Perez e Laporta. E assieme a Bernd Reichart, il presidente di A22, ovvero la società che si occupa del progetto di competizione alternativo, che ha rifiutato la carica di presidente della Bundesliga per continuare a portare avanti la Superlega. Attesa destinata a non durare ancora per molto: la risposta della Corte è attesa per luglio, difficilmente a giugno.

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Non ha dichiarato guerra da solo alla Procura Federale, Andrea Agnelli. E’ vero che l’ex presidente della Juventus, dimessosi dalla carica il 28 novembre assieme a tutto il Consiglio d’amministrazione a seguito dell’inchiesta Prisma della Procura di Torino, non ha accettato il patteggiamento sul secondo filone dell’inchiesta sportiva che proprio dalla citata indagine della magistratura ordinaria aveva preso le mosse, al contrario di quanto fatto dalla società bianconera, ma non è una decisione determinata dalla volontà di andare a giudizio a tutti i costi.

Ecco perché Agnelli ha scelto una strada diversa da quella della Juve

Perché allora Agnelli ha scelto una strada diversa da quella della Juventus, tanto che la sua posizione è stata stralciata dal procedimento? In un certo senso lo ha fatto per difendere la società bianconera, a cui resta enormemente legato e con cui condivideva la propensione a trovare un accordo con la Procura federale. Mentre però la Juventus aveva fretta di trovarlo, quell’accordo, per poter chiudere finalmente «lo stillicidio» di provvedimenti, per citare il termine utilizzato da Allegri a Empoli, e potersi dedicare a programmare la prossima stagione sapendo di cominciarla a zero punti come le sue rivali (resta l’incognita Uefa, come avete letto a pagina 3), Agnelli tutta questa premura non ce l’ha. Così, dopo che ieri mattina il suo legale, l’avvocato Davide Sangiorgio, ha parlato per circa mezzora, quaranta minuti, con il procuratore federale Giuseppe Chiné ed è emerso che non c’erano i margini per trovare un’intesa immediata, l’ex presidente bianconero ha preferito staccarsi per evitare di compromettere o ritardare il patteggiamento della Juventus. I colloqui però continueranno ed è possibile che anche Agnelli arrivi a un patteggiamento nei prossimi giorni. In caso contrario, andrà a giudizio il 15 giugno. Da solo, però, senza rischiare di trascinare con sé la società intera. Società che in questo modo ha anche “liberato” della propria presenza.

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