TORINO - L’ultima sfida di Max Allegri è allo specchio. Già, perché il tecnico bianconero - nell’albeggiante stagione - sarà chiamato a sconfessare anche se stesso. La sentenza Uefa di venerdì ha escluso la Juventus dalla Conference League e disegnato un calendario con un solo impegno a settimana, accrescendo in qualche modo le ambizioni bianconere in campionato.
Ma la prospettiva non deve aver fatto sorridere granché l’allenatore livornese, uno che - tra graffiante ironia e mezze verità, cui ormai ha abituato sulla scena pubblica - sostituirebbe volentieri le sedute alla Continassa con le partite all’Allianz Stadium. «Gli allenamenti mi annoiano, preferisco il brivido delle gare», una delle massime sornionamente più ripetute davanti alle telecamere. E ancora: «Andare avanti nelle Coppe serve a riempire l’agenda: ci alleniamo di meno, giochiamo di più e almeno ci divertiamo», una sua considerazione, con il ghigno sul volto, nell’ultima primavera. Invece: il campionato sarà ora l’unica frontiera dei bianconeri, almeno fino all’ottavo di finale di Coppa Italia in programma in tempi remoti, a cavallo tra dicembre e gennaio.
Juventus, l'ultima volta senza Europa
La quotidianità di Allegri e della sua Juventus, insomma, è destinata a mutare radicalmente rispetto al recente passato. L’ultima estate del tecnico senza il pensiero delle coppe europee risale addirittura al 2009, quando il Siena si apprestava a disputare la successiva Serie A e il Panathinaikos aveva appena sfiorato i quarti di finale di Champions League. L’attuale guida bianconera sedeva sulla panchina del Cagliari e, nonostante la solida esperienza acquisita nelle categorie minori, stava muovendo i primi passi nella massima categoria con la salvezza quale stella polare. A Torino, invece, l’ultima volta senza Europa evoca - se non altro - dolci ricordi: storia del 2011/2012, con il primo scudetto di Conte e il via all’impareggiabile serie di nove tricolori di fila. Diapositive dall’alba di un’era, profumi di rinascita dalle precedenti ceneri: analogie da vendere con il presente, insomma, con buona pace dei più scaramantici.