Buffon, le telefonate di Agnelli e la rovesciata di Ronaldo: “Cosa mi ha detto"

Gli anni alla Juve, l'esordio con il Parma, il Mondiale con l'Italia, i rapporti con compagni e allenatori ma anche i periodi più difficili della sua carriera

"Chi avrà il coraggio di prendere delle decisioni, diventerà un giocatore…chi saprà prendere quelle giuste, rimarrà leggenda". Vere, giuste e quanto mai associabili a Gianluigi Buffon. D'altronde da una leggenda come il compianto Kobe Bryant non potevano uscire parole migliori e riconducibili a uno dei migliori portieri al mondo. La scelta giusta Gigi l'ha sempre fatta perché tra i pali non è semplice dover decidere in una frazione di secondo ed è proprio questo a separare un buon giocatore da una leggenda. L'ex Juve si è raccontato a 360 gradi in uno speciale al Tg1 chiamato 'Buffon senza rete'. L'esordio col Parma di Scala, la Juve dei 10 scudetti, l'anno al Psg e poi il ritorno a 'casa' nella città che l'ha lanciato nel calcio dei grandi: un cerchio, al cui interno ha vissuto una carriera sempre al massimo tra vittorie coi club e con l'Italia nel Mondiale del 2006, e chiuso con l'addio a 45 anni: "Mi hai dato tutto e ti ho dato tutto". E diventando capo delegazione degli azzurri pochi giorni dopo.

Buffon, la parata su Zidane e l'idolo Trapattoni

Buffon si è raccontato in lungo e in largo nell'intervista. Sugli allenatori avuti ha voluto citarli tutti: "In trent'anni di carriera ho avuto i migliori e citarne uno non sarebbe bello. Dopo Nevio Scala, Ancelotti è stato il primo a consacrarmi come portiere titolare del Parma. E' una persona con un'umanità speciale con il quale non puoi non andare d'accordo. Mi ricordo anche Lippi, Capello o Prandelli, Conte e tutti gli altri. Citarne uno sarebbe sbagliato e devo dire che da tutti ho imparato qualcosa. Trapattoni? È stato il mio vero idolo da bambino perché quando allenava la Juve e seguivo la squadra mi innamorai della sua figura in quei momenti. Ogni volta che si muoveva lo seguivo con un occhio particolare come all'Inter o al Bayern". 

Poi sulle parate più difficili: "In questi anni ho sempre pensato di sminuire quella su Zidane con la Francia, perché al di là dell'importanza della gara non la vedevo così difficile. Recentemente l'ho rivista e devo dire che è stata bella perché lui ha dato al pallone una potenza incredibile con il colpo di testa". Sul Pallone d'Oro: "Le ingiustizie sono altre. Sono stato un giocatore, per il ruolo ricoperto, che ha attraversato più generazioni e per vincerlo dovevano incastrarsi situazioni in maniera perfetta e magari non sono stato nemmeno bravo io a farle accadere però sono soddisfatto di quello che ho fatto. Potevo fare meglio ma in tutto quello che si fa un piccolo margine di qualcosa inespresso rimane sempre".

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Buffon: "Ho vissuto nel miglior modo tutti gli eventi"

Nessun rimpianto per Buffon nella sua carriera: "Penso di aver vissuto nel miglior modo possibile tutti gli eventi: il Mondiale, è stato sicuramente l'apice nella carriera di ogni giocatore. Qualcosa di talmente grande che non ti dà l'opportunità di viverlo con la gioia che ci vorrebbe in quel momento. La tensione, le responsabilità e la paura di non farcela scavacano tutte le emozioni positivie vissute. Non vedevo l'ora, dai quarti in poi, finisse il Mondiale perché il peso da sostenere diventava qualcosa di soffocante. Lo sliding doors della mia vita è stato nel 1990 quando ho cambiato ruolo per essermi preso questa cotta per la porta. Ero un ragazzino ma non ero più giovane: sono diventato portiere a 12 anni e ho esordito in Serie A a 17. Qualcosa di allucinante, in campo per Parma-Milan". E sugli ultimi anni di carriera: "Ho giocato per tante ragioni soprattutto per obiettivi personali e anche per valori come la riconoscenza e poi per sfidare i limiti e ingaggiare me stesso, vedere fino a che punto sarei potuto arrivare con un livello di performance alto".

Buffon, le telefonate di Agnelli e retroscena Ronaldo

Gianluigi Buffon ha parlato inoltre di alcuni retroscena curiosi e simpatici. In primis quello sull'Avvocato Agnelli: "Erano molto singolari le sue telefonate all'alba. A due non ho risposto e prontamente mi chiedeva perché non avessi risposto alle 5.30 del mattino. Una sorta di provocazione e io sono sempre rimasto al gioco". O ancora su Cristiano Ronaldo, a detta di Gigi uno dei più temibili avversari affrontati: "Dopo il suo gol in rovesciata i tifosi della Juve si sono alzati ad applaudirlo con grande sportività, vedendomi incredulo si è avvicinato e mi ha detto 'Non male è Gigi?' e mi sono messo a ridere". Da Ronaldo all'espulsione col Real Madrid in Champions al Bernabeu: "L'espulsione non mi ha ferito ma il rigore concesso nel recupero in una partita epica, quello sì. Senza dubbio la più bella gara a cui ho partecipato e che sarebbe potuta entrare nei libri di storia. Ancora adesso non ho capito perché mi ha espulso ma ormai è passato qualche giorno (ride n.d.r.)".

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Buffon, la depressione e le scommesse

Nel corso della sua carriera Buffon ha vissuto alti e bassi, non tanto in campo ma per alcune vicende personali come la depressione: "Avevo 25 anni. I segnali sono stati di grande pigriza fisica e mentale. Sono sempre stato uno entusiasta e qualche giorno di down me lo sono sempre concesso, però poi questa cosa vedevo che si protraeva nel tempo. Mi sono impaurito perché mi ero accorto di non essere più il Gigi che conoscevo. Non mi stavo più bene e ho cercato di aiutarmi in un modo naturale, ovvero parlando con le persone più care senza aver nessun tipo di pudore. Il primo passo verso l'uscita di questo buco nero è stato andare alla mostra di Chagall a Torino: mi ha trasmesso energia positiva, soprattutto il quadro della passeggiata dove ho capito che la figura di una donna, come possono essere una madre o una moglie, possano aiutarti a farti capire il valore delle cose".

In chiusura sulle scommesse: "Ho pagato in prima persona a caro prezzo e mettendoci la faccia, però mi ha fatto crescere. Solo in quel momento capisci gli errori che fai, il perchè e a come non commetterli più".

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"Chi avrà il coraggio di prendere delle decisioni, diventerà un giocatore…chi saprà prendere quelle giuste, rimarrà leggenda". Vere, giuste e quanto mai associabili a Gianluigi Buffon. D'altronde da una leggenda come il compianto Kobe Bryant non potevano uscire parole migliori e riconducibili a uno dei migliori portieri al mondo. La scelta giusta Gigi l'ha sempre fatta perché tra i pali non è semplice dover decidere in una frazione di secondo ed è proprio questo a separare un buon giocatore da una leggenda. L'ex Juve si è raccontato a 360 gradi in uno speciale al Tg1 chiamato 'Buffon senza rete'. L'esordio col Parma di Scala, la Juve dei 10 scudetti, l'anno al Psg e poi il ritorno a 'casa' nella città che l'ha lanciato nel calcio dei grandi: un cerchio, al cui interno ha vissuto una carriera sempre al massimo tra vittorie coi club e con l'Italia nel Mondiale del 2006, e chiuso con l'addio a 45 anni: "Mi hai dato tutto e ti ho dato tutto". E diventando capo delegazione degli azzurri pochi giorni dopo.

Buffon, la parata su Zidane e l'idolo Trapattoni

Buffon si è raccontato in lungo e in largo nell'intervista. Sugli allenatori avuti ha voluto citarli tutti: "In trent'anni di carriera ho avuto i migliori e citarne uno non sarebbe bello. Dopo Nevio Scala, Ancelotti è stato il primo a consacrarmi come portiere titolare del Parma. E' una persona con un'umanità speciale con il quale non puoi non andare d'accordo. Mi ricordo anche Lippi, Capello o Prandelli, Conte e tutti gli altri. Citarne uno sarebbe sbagliato e devo dire che da tutti ho imparato qualcosa. Trapattoni? È stato il mio vero idolo da bambino perché quando allenava la Juve e seguivo la squadra mi innamorai della sua figura in quei momenti. Ogni volta che si muoveva lo seguivo con un occhio particolare come all'Inter o al Bayern". 

Poi sulle parate più difficili: "In questi anni ho sempre pensato di sminuire quella su Zidane con la Francia, perché al di là dell'importanza della gara non la vedevo così difficile. Recentemente l'ho rivista e devo dire che è stata bella perché lui ha dato al pallone una potenza incredibile con il colpo di testa". Sul Pallone d'Oro: "Le ingiustizie sono altre. Sono stato un giocatore, per il ruolo ricoperto, che ha attraversato più generazioni e per vincerlo dovevano incastrarsi situazioni in maniera perfetta e magari non sono stato nemmeno bravo io a farle accadere però sono soddisfatto di quello che ho fatto. Potevo fare meglio ma in tutto quello che si fa un piccolo margine di qualcosa inespresso rimane sempre".

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