"Non migliora i giocatori", "Non è da Juve": così Allegri ribalta i luoghi comuni

Il lavoro del tecnico ha permesso a molti bianconeri di diventare fondamentali: la crescita di Cambiaso, l’affidabilità del centrale ex Cagliari e Rabiot è ora anche simbolo di juventinità

TORINO - Uno dei preconcetti che sono stati messi in circolo attorno alla figura professionale di Massimiliano Allegri è riferito al fatto che non saprebbe “migliorare” i giocatori che allena, attitudine riservata agli allenatori insigniti (non si capisce bene da chi e con quale autorevolezza) del ruolo di eccelsi e visionari taumaturghi (non siamo ancora al potere di far guaire le piaghe con l’imposizione delle mani ma ci siamo vicini...).

Allegri, invece, sarebbe un gestione di campioni, caratteristica connotata dall’avverbio “solo” come se fosse semplice entrare nella gabbia dei leoni senza rimanerne sbranati dopo poco o addirittura pochissimo. Quanti... Invece Allegri sa fare “anche” quello ma mai come in questa stagione ha dimostrato e sta dimostrando come sappia migliorare il materiale umano che passa nella sua bottega di tecnico. La lista è corposa e comprende non pochi tra i protagonisti di questa corsa a braccetto con l’Inter.

Allegri e il lavoro con McKennie

A cominciare dal caso più eclatante: quel Weston McKennie che in estate la Juventus ha cercato inutilmente di vendere. Nessuno, però, ha avuto “il cuore” di accollarsi un americano reduce dalla retrocessione con il Leeds e dall’aspetto paffutello. Ora, quando ci si avvicina al giro di boa della stagione, per l’americano potrebbero non bastare nemmeno più i 20 milioni che la Juve chiedeva in estate. E questo perché all’atletismo ha abbinato una duttilità tattica che gli permette di esprimersi sia da esterno sia da interno di centrocampo e parole sue, "di non correre più per il campo come un pollo senza testa". Il merito, ovviamente, è di Gesù Bambino.

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Juve, la crescita di Cambiaso e Rugani

Da manuale la crescita di Andrea Cambiaso accolto se non dagli scetticismi, almeno da una sospensione dei giudizi (in estate un importante dirigente, tra i più bravi di cui non riveleremo il nome neppure sotto tortura, ci spiegò che Andrea non era “da Juve”) che si è trasformata in commenti entusiasti dopo le ultime partite. Il ragazzo è merce rara (esterno per entrambe le fasce e per entrambe le fasi) e nel caso di una crescita azzurra - è tra gli attenzionati di Spalletti in chiave Euro2024 - anche il suo valore di mercato è destinato a crescere ulteriormente. Così come non ci sono più dubbi, ormai, sull’utilità di Daniele Rugani che ha dimostrato di essere molto più di un rincalzo tanto che il club sta definendo il suo prolungamento di contratto. Vabbè...

L'ascesa di Gatti e il capolavoro Rabiot

Ma poi si potrebbe discutere anche della consapevolezza di Bremer che ora riesce a sviluppare le sue straordinarie potenzialità sia a difesa schierata sia in campo aperto (eccellenti gli anticipi su Oshimen) per tacere, ovviamente, della sfolgorante ascesa di Gatti per il quale si stanno muovendo i club di Premier, affascinati anche dalla vicenda personale del difensore. Non va trascurata neppure la crescita di Locatelli che ha concluso la transizione da mezzala a centromediano diventando padrone di un ruolo delicatissimo che lo ha reso grande equilibratore del gioco bianconero e gli ha concesso di riprendersi la Nazionale. Poi ci sono gli impieghi (scontati, certo: ce ne sono tanti di giovani in campo nei club di prima fascia...) di Miretti e di Nicolussi Caviglia, ma forse il capolavoro più significativo riguarda colui che ora viene giudicato un punto di forza e che prima era avvolto da scetticismo generalizzato: Adrien Rabiot. La sua rivalutazione professionale è anche il simbolo del nuovo senso di appartenenza che pervade il gruppo bianconero: ha deciso di rimanere, seppure fosse a scadenza, e ha conquistato la fascia da capitano. Nel segno di Allegri, il suo grande mentore.

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TORINO - Uno dei preconcetti che sono stati messi in circolo attorno alla figura professionale di Massimiliano Allegri è riferito al fatto che non saprebbe “migliorare” i giocatori che allena, attitudine riservata agli allenatori insigniti (non si capisce bene da chi e con quale autorevolezza) del ruolo di eccelsi e visionari taumaturghi (non siamo ancora al potere di far guaire le piaghe con l’imposizione delle mani ma ci siamo vicini...).

Allegri, invece, sarebbe un gestione di campioni, caratteristica connotata dall’avverbio “solo” come se fosse semplice entrare nella gabbia dei leoni senza rimanerne sbranati dopo poco o addirittura pochissimo. Quanti... Invece Allegri sa fare “anche” quello ma mai come in questa stagione ha dimostrato e sta dimostrando come sappia migliorare il materiale umano che passa nella sua bottega di tecnico. La lista è corposa e comprende non pochi tra i protagonisti di questa corsa a braccetto con l’Inter.

Allegri e il lavoro con McKennie

A cominciare dal caso più eclatante: quel Weston McKennie che in estate la Juventus ha cercato inutilmente di vendere. Nessuno, però, ha avuto “il cuore” di accollarsi un americano reduce dalla retrocessione con il Leeds e dall’aspetto paffutello. Ora, quando ci si avvicina al giro di boa della stagione, per l’americano potrebbero non bastare nemmeno più i 20 milioni che la Juve chiedeva in estate. E questo perché all’atletismo ha abbinato una duttilità tattica che gli permette di esprimersi sia da esterno sia da interno di centrocampo e parole sue, "di non correre più per il campo come un pollo senza testa". Il merito, ovviamente, è di Gesù Bambino.

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