Allegri, Giuntoli e la vertigine da vetta: Juve, ora cambia la gestione

Per i bianconeri, dopo il sorpasso sull’Inter, comincia una stagione diversa anche dal punto di vista psicologico

È noto che quando più si sale lassù, verso l’alto vicino alla vetta, l’aria diventa molto più rarefatta, il respiro si fa affannoso e malesseri diffusi si impadroniscono del corpo. Sì: la testa gira parecchio quando si va in altitudine e si deve stare attenti a saperlo gestire, il mal di montagna generato dallo stordimento d’alta...classifica. Per riuscirci non ci sono che due soluzioni possibili: esserci abituati per lunga frequentazione, un po’ come accade agli sherpa nepalesi, oppure abituarcisi pian piano salendo verso l’alto con gradualità, per acclimatarsi progressivamente. Sono due condizioni che in casa Juventus convivono, evidentemente, con grande efficacia e che consentono di non dover fare i conti con le vertigini.

La vetta non spaventa Allegri

Alla prima schiera appartengono sicuramente Massimiliano Allegri e Cristiano Giuntoli che, ognuno con le proprie specificità professionali, hanno già sperimentato i percorsi più vari alle alte quote del calcio, peraltro in ambiti disparati. Max porta in dote l’esperienza maturata con la vittoria di ben sei scudetti, alcuni dei quali proprio alla conclusione di arrampicate epocali (nel 2015-16 recuperò ben 11 punti al Napoli di Maurizio Sarri) mentre agli avversari il fiato si accorciava. Un’esperienza da “passista” che il tecnico livornese ha maturato in anni di panchina anche nei campionati minori, come quando vinse in Serie C nel 2008 alla guida del Sassuolo dando di fatto il via alla storia “nobile” dei neroverdi. E non è un caso che, oltre ai cavalli e ai gabbioni sul lungomare di Livorno, ad Allegri piaccia molto anche la montagna: un luogo che trova molto rilassante e in cui scarica le tensioni, altro che mal d’aria.

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Giuntoli senza vertigini

Anche Cristiano Giuntoli ha contribuito a gestire, dalla scrivania ovviamente, rimonte e vittorie: come quelle che hanno portato il Carpi dalla Serie D fino alla Serie A e che gli hanno consentito di approdare al Napoli. Lì ha “misurato” da avversario quanto sia pericoloso dover tenere il passo in alta quota proprio contro Max e, dopo aver raggiunto lo scudetto (altissima quota senza vertigini) accanto a Spalletti, ora può godersi l’efficacia dello “sherpa Allegri” contribuendo alla divisione dei carichi. Un attività oscura ma utilissima di gestione a cui partecipa anche Giovanni Manna, equilibratore silenzioso e utilissimo alla causa interna, oltre che conoscitore come pochi delle dinamiche dei giovani promossi dalla Next Gen alla prima squadra.

La sicurezza di un gruppo

Ed eccoli, coloro che hanno dovuto abituarsi gradatamente alla salita verso le vette, per loro ancora inesplorate, del calcio italiano. E attenzione, perché questa condizione non va riferita solo ai più giovani, ma anche ai più celebrati come Vlahovic, Bremer, perfino lo stesso Chiesa, che uno scudetto non lo hanno mai vinto e che, quindi, hanno dovuto appunto abituarsi pian piano all’aria rarefatta di chi marcia sulle creste della classifica. Il lavoro di Allegri e del suo staff (anche qui c’è stato rinnovamento) è andato infatti nella direzione di favorire le condizioni della crescita evitando traumi e scivoloni che, più si sale e più possono rivelarsi pericolosi minando certezze e ingenerando insicurezze. L’operazione va avanti da tempo e, dopo aver selezionato accuratamente i componenti della cordata - perché tutti devono marciare con gli stessi ritmi e attenzione: alle alte quote uno che cade rischia di tirar giù tutti gli altri - si è proceduto appunto a infondere sicurezza nel gruppo.

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Allegri capo cordata verso la vetta

Saper resistere alle tempeste, alle sferzate, alle bufere è fondamentale, soprattutto se sei in apnea da altura. E con la sicurezza è poi arrivato anche il passo più sciolto, più consapevole delle proprie potenzialità: il gruppo, adesso, si diverte dentro alla sofferenza e vede la salita alla vetta come un’opportunità di gloria e non come un percorso che spaventa. Ah, sì: tra i neofiti dell’altra montagna calcistica devono essere annoverati anche i dirigenti bianconeri, catapultati alla guida del club in una situazione di emergenza giudiziaria ed economica e che, c’è da giurarci, nemmeno pensavano di potersi trovare di nuovo lassù così in fretta. Osservano e ascoltano mentre il capo cordata, Allegri, detta il passo da tenere, dà la carica e fa da ombrello nelle tempeste. Perché servono abitudine e solidità per condurre il gruppo verso la vetta.

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È noto che quando più si sale lassù, verso l’alto vicino alla vetta, l’aria diventa molto più rarefatta, il respiro si fa affannoso e malesseri diffusi si impadroniscono del corpo. Sì: la testa gira parecchio quando si va in altitudine e si deve stare attenti a saperlo gestire, il mal di montagna generato dallo stordimento d’alta...classifica. Per riuscirci non ci sono che due soluzioni possibili: esserci abituati per lunga frequentazione, un po’ come accade agli sherpa nepalesi, oppure abituarcisi pian piano salendo verso l’alto con gradualità, per acclimatarsi progressivamente. Sono due condizioni che in casa Juventus convivono, evidentemente, con grande efficacia e che consentono di non dover fare i conti con le vertigini.

La vetta non spaventa Allegri

Alla prima schiera appartengono sicuramente Massimiliano Allegri e Cristiano Giuntoli che, ognuno con le proprie specificità professionali, hanno già sperimentato i percorsi più vari alle alte quote del calcio, peraltro in ambiti disparati. Max porta in dote l’esperienza maturata con la vittoria di ben sei scudetti, alcuni dei quali proprio alla conclusione di arrampicate epocali (nel 2015-16 recuperò ben 11 punti al Napoli di Maurizio Sarri) mentre agli avversari il fiato si accorciava. Un’esperienza da “passista” che il tecnico livornese ha maturato in anni di panchina anche nei campionati minori, come quando vinse in Serie C nel 2008 alla guida del Sassuolo dando di fatto il via alla storia “nobile” dei neroverdi. E non è un caso che, oltre ai cavalli e ai gabbioni sul lungomare di Livorno, ad Allegri piaccia molto anche la montagna: un luogo che trova molto rilassante e in cui scarica le tensioni, altro che mal d’aria.

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