La Juve, i miracoli e quei quattro minuti: tutte le differenze con l'Inter

È andata come suggeriva la logica: vincono i più forti. Esperienza e maturità scavano un solco che inghiotte la forza di volontà e la grinta juventine

La differenza fra l’Inter e la Juventus è superiore al risultato di 1-0 che riassume lo scontro diretto ed è più ampia dei quattro punti che separano le squadre in classifica. Se finora si è avuta l’illusione ottica che le due formazioni fossero più vicine è perché la Juventus di Massimiliano Allegri ha compiuto un miracolo sportivo e agonistico, fatto di tanti piccoli miracoli, indispensabili per tenere l’infernale ritmo dell’Inter.

Inter-Juve, la principale differenza

Per non perdere, ieri sera, ne serviva uno grande, di miracolo. Invece è andata come suggeriva la logica: vincono i più forti, anche se ci riescono solo grazie a un errore da polli della difesa juventina e fino all’ultimo rischiano la beffa. Esperienza e maturità scavano un solco che inghiotte la forza di volontà e la grinta juventine. Perché nei quattro minuti che vanno dal 32’ al 36’, salta agli occhi la più decisiva delle differenze fra Inter e Juventus, quella che emerge quando giocatori con tante stagioni ad alto livello nella testa e nelle gambe si confrontano con un gruppo di giovani, alcuni giovanissimi e troppi che, uno scontro scudetto al Meazza, non l’hanno mai giocato.

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Vlahovic, Gatti e San Siro

Ecco perché Vlahovic, che per mezzora mostra solo nervosismo e insofferenza per l’isolamento nel quale si sta dimenando, controlla in modo pessimo e non riesce neanche a tirare, quando riceve in area l’appetitosa palla di McKennie. Non perdere la concentrazione e risparmiare le energie mentali bruciate per lamentarsi lo avrebbe portato a essere più lucido in quella circostanza. Quattro minuti dopo, Thuram si divincola da una goffa marcatura di Federico Gatti e, proprio nel momento in cui la Juventus sembrava aver ritrovato ossigeno, arriva l’autogol del vantaggio. La partita di Gatti è buona, non priva di ottimi interventi, ma è chiaro che in area deve migliorare (troppo spesso sbaglia postura o posizione) e, soprattutto, capire che in una sfida a San Siro basta un errore, un solo errore, per essere puniti.

L'Inter, la Juventus e quei 4 minuti

In quei quattro minuti, più ancora che nel dominio nerazzurro della prima mezzora, si sono viste una squadra esperta, lucida, feroce, l’Inter, e una squadra che sta provando diventare quella roba lì e ha molto per riuscirci, non ancora tutto. Sì, poi c’è la qualità. E l’Inter ne ha di più, si è visto per tutto il campionato, nel quale i nerazzurri hanno vinto senza faticare partite che i bianconeri hanno dovuto scalare come dei K2.

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Inter-Juve, i giovani e le rose

Ma in sfide come quella di ieri sera a San Siro, il divario tecnico si sfarina fra agonismo e tensione, spesso non è il più bravo a vincere, ma il più forte nella testa e nei nervi. L’Inter è consapevole della sua forza, quindi sempre più tranquilla, la Juventus sta esplorando i propri limiti e, soprattutto, il modo per superarli. Ieri non c’è riuscita: i giovani, fin qui la chiave della grande stagione bianconera, sono rimasti schiacciati dal tonnellaggio di San Siro e dell’importanza del match, per primo Yildiz. Il turco è emerso a sprazzi, sempre brillanti, a volte lucidi, ma spesso è finito nel gorgo del centrocampo interista, scomparendo.

Il contributo di Chiesa, riapparso in campo nella ripresa, è esile. Mentre Inzaghi si permette di non inserire Frattesi, Allegri deve puntare su Iling Jr, mentre Cambiaso, il più maturo dei ragazzi bianconeri, si ingolfa nella bolgia del derby d’Italia. Ma la bocciatura di una sera non deve frenare il progetto juventino. La squadra è inferiore all’Inter, tuttavia la squadra c’è e ha prospettive di crescita enormi.

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La marcia scudetto, i punti e gli avversari

Ora non deve mollare (fondamentale il lavoro di Allegri in settimana), tornare a marciare al ritmo dell’andata e restare attaccata all’Inter. Anche senza vincere lo scudetto, arrivare vicino è importante nel processo di maturazione. Difficile che l’Inter sbagli da qui in poi. Ieri è parsa tosta, con trappole tattiche (Darmian e Pavard che si scambiano in continuazione creano confusione nella difesa juventina), giocatori di spessore (Mkhitaryan, Barella, Dimarco, Acerbi e, ovviamente, Lautaro), una sicurezza maturata nel corso delle ultime tre stagioni, in cui i successi hanno cementato la fiducia e la mentalità.

Con questa vittoria (e con la partita con l’Atalanta da recuperare), l’Inter ha le mani sullo scudetto. Non l’ha già vinto, ma ora deve combinare un casino per perderlo e la Juventus non può più sbagliare niente. Non è un caso che Allegri, nel dopo partita, sembrasse rimpiangere di più il pareggio con l’Empoli di una settimana fa, che la sconfitta contro l’Inter. I punti sono tutti uguali quando finiscono dentro la classifica, gli avversari contro cui conquistarli no.

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La differenza fra l’Inter e la Juventus è superiore al risultato di 1-0 che riassume lo scontro diretto ed è più ampia dei quattro punti che separano le squadre in classifica. Se finora si è avuta l’illusione ottica che le due formazioni fossero più vicine è perché la Juventus di Massimiliano Allegri ha compiuto un miracolo sportivo e agonistico, fatto di tanti piccoli miracoli, indispensabili per tenere l’infernale ritmo dell’Inter.

Inter-Juve, la principale differenza

Per non perdere, ieri sera, ne serviva uno grande, di miracolo. Invece è andata come suggeriva la logica: vincono i più forti, anche se ci riescono solo grazie a un errore da polli della difesa juventina e fino all’ultimo rischiano la beffa. Esperienza e maturità scavano un solco che inghiotte la forza di volontà e la grinta juventine. Perché nei quattro minuti che vanno dal 32’ al 36’, salta agli occhi la più decisiva delle differenze fra Inter e Juventus, quella che emerge quando giocatori con tante stagioni ad alto livello nella testa e nelle gambe si confrontano con un gruppo di giovani, alcuni giovanissimi e troppi che, uno scontro scudetto al Meazza, non l’hanno mai giocato.

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