Suarez e il fango sulla Juve: quando infamare è l’unica cosa che conta

Intercettazioni e pezzi di indagine secretati pubblicati per mesi: nessun dirigente a giudizio ma tutti screditati

TORINO - Infamare non è importante, è l’unica cosa che conta. Tanto, quando un giudice metterà finalmente ordine nei fatti, ne inquadrerà correttamente la proporzione e, magari, assolverà, sarà passato un sacco di tempo, il danno sarà fatto e nessun risarcimento verrà riconosciuto, neanche il gusto di vedere scritto sul giornale la notizia nelle stesse dimensioni con cui erano state diffuse le bufale. Che nel nostro Paese funzioni così da un bel po’ di tempo lo sappiamo già, la novità che emerge dall’inchiesta sul “dossieraggio” è il come. Prendi il “Caso Suarez”, un classico moderno di questa particolare attività.

Il "Caso Suarez"

Luis Suarez nel settembre del 2020 sostiene, presso l’Università degli Stranieri a Perugia, un esame di italiano, propedeutico all’ottenimento della cittadinanza. L’aveva prenotato per lui la Juventus, che nel frattempo non era più intenzionata a ingaggiarlo. L’uruguaiano decide che il passaporto italiano può comunque tornargli utile e si presenta all’esame. L’esame risulta essere una mezza farsa, o almeno così dicono alcuni professori dell’Università, intercettati nel quadro di un’altra indagine, di tipo amministrativo. Quelle frasi incuriosiscono i pm che aprono un fascicolo sull’esame di Suarez, intercettano i dirigenti della Juventus e indagano a fondo, convocando in una spettacolare sfilata i vertici del club, da Andrea Agnelli in giù. Mentre i pm appurano i fatti, che non porteranno a formulare nessuna accusa ai dirigenti della Juventus, la cui posizione verrà archiviata prima dell’udienza preliminare, qualcuno diffonde pezzi dell’indagine ai media. Oggi sappiamo anche chi li ha scaricati illegalmente: Raffaele Guadagno, cancelliere della Procura di Perugia che, attraverso svariati accessi non autorizzati (dal 9 dicembre 2020 al 7 luglio 2021), si impossessa di 264 file provenienti da due diversi fascicoli, riguardanti l’esame di Luis Suarez. Quei documenti vengono passati alla stampa, che nello stesso periodo li pubblica, con un impatto mediatico micidiale. Perché un paio di frasi estrapolate dal contesto, uno scenario ben dipinto e le ipotesi d’accusa degli inquirenti (anche senza prove) fanno certamente effetto e istruiscono il processo pubblico, cui siamo - ahimè - abituati.

Juve, il caso Suarez e il dossieraggio: così fu montata la gogna mediatica

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Gli effetti del "Caso Suarez" sulla Juve

Per sei mesi la Juventus è al centro di uno sdegno generale perché, senza essere accusata neanche dai pm, è comunque esposta al giudizio pubblico come una società che ha corrotto i professori e i dirigenti dell’Università degli Stranieri di Perugia per consentire a Suarez di ottenere la cittadinanza italiana e poi tesserarlo. Anche le prime pagine dei giornali politici si occupano con grande severità della vicenda, dando malizioso risalto a una telefonata fra l’allora direttore generale della Juventus Fabio Paratici e la ministra Paola De Micheli (sua compagna di liceo), nella quale si informava solo sul tipo di pratica necessario e sulle tempistiche. Mentre le cronache locali umbre se la prendono con il ds Federico Cherubini, originario di Foligno, con locandine che strillano dalle edicole ("Scandalo Suarez: tutto è partito dal folignate Cherubini") che non hanno nessun riscontro con la realtà, ma che intanto vengono lette (anche dai figli) e metabolizzate dall’opinione pubblica, non esattamente riflessiva quando si tratta di mettere alla gogna qualcuno. Lo stesso Andrea Agnelli si prende la sua porzione di fango. E tutti, alla fine, credono che sia andata come ricostruiscono i giornali: la Juventus ha corrotto i professori di Perugia per tesserare Suarez. Anzi, molti (spesso quelli che insegnano al mondo che "le sentenze si rispettano") ne sono convinti anche oggi, nonostante dei giudici abbiano stabilito l’esatto contrario, ma ovviamente quella notizia non ha trovato spazio sulle prime pagine dei giornali (consentitemi di specificare: tranne che su Tuttosport). Insomma, l’operazione sputtanamento è perfettamente riuscita e quei 264 file scaricati illegalmente sono serviti in modo assai efficace.

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Juve e "Caso Suarez": cosa ci ha insegnato

Oggi, nel marasma dello scandalo del dossieraggio, un’inchiesta dalla quale escono miasmi irrespirabili per chi crede nella Giustizia e scopre che al suo interno ci sono pm, ufficiali o cancellieri che raccolgono - senza averne l’autorizzazione - fatti, intercettazioni, informazioni private e poi le diffondono per colpire, per fare aprire inchieste, per ottenere anche banalissimi vantaggi personali (tipo non far sorgere un albergo vicino alla propria villetta al mare). E in mezzo questo tritacarne ci finiscono le persone e le loro famiglie, senza avere nessuna possibilità di difendersi, coltivando solo la pazienza che un giudice faccia chiarezza, magari anni dopo, senza tuttavia cancellare l’infamia subita. I tifosi della Juventus, oggi, scoprono ancora una volta che il nome della loro squadra è ghiotto per chi cerca visibilità e fa gola a chi deve fare notizia, soprattutto coinvolgendolo in uno scandalo. Non importa se è vero o no, bastano un paio di intercettazioni e qualche stralcio di indagine, il resto viene da sé. E nel caso Suarez, in fondo, alla Juventus andò addirittura bene, perché la giustizia sportiva non finì nel vortice accusatorio e, attese di capire, non avviando nessun processo sulla vicenda (sui giornali erano state anche ipotizzate le pene, dalla perdita di uno scudetto alla retrocessione). Perché, spesso, i fascicoli di indagine, non ancora vagliati da un giudice terzo, finiscono per essere la base per processi e condanne sportive con pesanti conseguenze economiche, sportive e umane. E se poi un giudice dovesse stabilire che quelle non erano prove, non importa, c’è sempre la grande supercazzola della specificità della giustizia sportiva e l’articolo 4 sulla slealtà sportiva.

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TORINO - Infamare non è importante, è l’unica cosa che conta. Tanto, quando un giudice metterà finalmente ordine nei fatti, ne inquadrerà correttamente la proporzione e, magari, assolverà, sarà passato un sacco di tempo, il danno sarà fatto e nessun risarcimento verrà riconosciuto, neanche il gusto di vedere scritto sul giornale la notizia nelle stesse dimensioni con cui erano state diffuse le bufale. Che nel nostro Paese funzioni così da un bel po’ di tempo lo sappiamo già, la novità che emerge dall’inchiesta sul “dossieraggio” è il come. Prendi il “Caso Suarez”, un classico moderno di questa particolare attività.

Il "Caso Suarez"

Luis Suarez nel settembre del 2020 sostiene, presso l’Università degli Stranieri a Perugia, un esame di italiano, propedeutico all’ottenimento della cittadinanza. L’aveva prenotato per lui la Juventus, che nel frattempo non era più intenzionata a ingaggiarlo. L’uruguaiano decide che il passaporto italiano può comunque tornargli utile e si presenta all’esame. L’esame risulta essere una mezza farsa, o almeno così dicono alcuni professori dell’Università, intercettati nel quadro di un’altra indagine, di tipo amministrativo. Quelle frasi incuriosiscono i pm che aprono un fascicolo sull’esame di Suarez, intercettano i dirigenti della Juventus e indagano a fondo, convocando in una spettacolare sfilata i vertici del club, da Andrea Agnelli in giù. Mentre i pm appurano i fatti, che non porteranno a formulare nessuna accusa ai dirigenti della Juventus, la cui posizione verrà archiviata prima dell’udienza preliminare, qualcuno diffonde pezzi dell’indagine ai media. Oggi sappiamo anche chi li ha scaricati illegalmente: Raffaele Guadagno, cancelliere della Procura di Perugia che, attraverso svariati accessi non autorizzati (dal 9 dicembre 2020 al 7 luglio 2021), si impossessa di 264 file provenienti da due diversi fascicoli, riguardanti l’esame di Luis Suarez. Quei documenti vengono passati alla stampa, che nello stesso periodo li pubblica, con un impatto mediatico micidiale. Perché un paio di frasi estrapolate dal contesto, uno scenario ben dipinto e le ipotesi d’accusa degli inquirenti (anche senza prove) fanno certamente effetto e istruiscono il processo pubblico, cui siamo - ahimè - abituati.

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