Gatti, il volto operaio della Juve. E Spalletti
Poi, è pacifico, non sono certo le difficoltà a spaventare uno come Gatti che conosce quanto sa di sale il pane duro della fatica al di fuori del dorato mondo pallonaro. E, anzi, c’è da chiedersi se è proprio nelle situazioni di transizione e di ricostruzione che “Gattone” è più adeguato. Sta ancora imparando, infatti, in un processo di crescita costante, ma è difficile che avrebbe potuto godere di questa opportunità se si fosse trovato di fronte a una Juventus più strutturata e pronta a investire su difensori “più pronti”. Lui studia, guarda, impara, ci mette l’anima e soprattutto cerca di non lasciarsi mai condizionare dagli errori. Soprattutto da quelli più evidenti come a Sassuolo o in Coppa Italia con la Salernitana. Più lungo e complesso il lavoro di apprendimento e di affinamento sulle posture in marcatura, sulla lettura preventiva dei movimenti degli avversari in area: sfumature che non sono affatto un dettaglio nelle gare di Serie A che si decidono sul filo dell’errore.
Poi sì: Gatti ha graffiato con gol pesanti e con prestazioni tutta grinta che gli hanno fatto conquistare un posto particolare nel cuore dei tifosi bianconeri, nel solco di quella tradizione dei “giocatori operai” che hanno sempre fatto parte della storia bianconera, uno per ogni generazione. Poi, certo, conta il contesto e attorno agli operai ci devono essere gli artisti, i Pinturicchio, o i portatori di prelibatezze al caviale come Platini, ma questo è un discorso che attiene alle contingenze storiche e societarie. Gatti, di suo, non può far altro che lavorare sodo in modo da migliorare per la Juventus ma anche per “rubare l’occhio” a Spalletti che, probabilmente, un buco inatteso nello scacchiere difensivo lo dovrà riempire. E, ancora una volta, Gatti vorrà farsi trovare pronto nell’unità di crisi.