Sgombriamo subito il campo da meschinità che possano tirare in ballo il timore di ricevere un’altra multa da 70mila euro o, peggio, che proprio quella abbia determinato lo scarto mentale per la riscossa. Perché sì: a spingere Dusan Vlahovic nel corso della scintillante e soprattutto volitiva prova contro la Lazio c’era certo la molla di chi doveva farsi perdonare quel doppio giallo subito con il Genoa, ma sarebbe ingeneroso e superficiale archiviare tutto quanto come frutto di quella motivazione. Di sicuro lo ha disturbato parecchio, nell’orgoglio e nel senso di lealtà verso i compagni, assistere sul divano di casa alla sfida di sabato scorso all’Olimpico con la Lazio, senza poter aiutare i compagni in conseguenza di una esclusiva responsabilità propria: l’incapacità di controllare le emozioni, la rabbia e la frustrazione che sono deflagrate in un pernicioso e dannoso nervosismo. Reiterato, peraltro, e quindi ancora più censurabile.
Juve, Vlahovic e la prosecuzione di un percorso
Un comportamento esattamente opposto rispetto a quello di chi voglia candidarsi alla leadership di un gruppo e in un luogo che impone, accanto ai lauti ingaggi e alla fama, una pressione e una responsabilità decisamente al di sopra della media. Evidentemente Dusan ci ha ragionato su e l’effetto si è notato plasticamente: la prestazione di martedì sera va rimarcata e ricordata ben oltre l’episodio, ovviamente importante, del bel gol segnato. Vlahovic si è mosso da trascinatore perché ha aiutato parecchio la squadra nei ripiegamenti, nel pressing e nella capacità di far salire il gioco con la difesa del pallone e le sponde ai compagni. Senza mai, ecco il punto, palesare segni di insofferenza e di nervosismo a fronte dei duri contrasti avversari o delle approssimazioni dei compagni (a parte un rapido battibecco con Cambiaso nel primo tempo quando ancora il risultato e il clima generale autorizzavano). Si tratta, a ben vedere, della prosecuzione di un percorso che l’attaccante serbo ha iniziato da tempo, da quando già questa estate ha deciso che non voleva lasciare la Juventus per diventarne leader e trascinatore.