La lotta al razzismo non ammette deroghe, ipocrisie o doppiezze

Proclami, adesivi e slogan da parte delle istituzioni, ma tutto sembra tranne una battaglia combattuta “everywhere”
La lotta al razzismo non ammette deroghe, ipocrisie o doppiezze

L’ipocrisia delle battaglie promosse dalle nostri istituzioni sportive sui più grandi temi dell’umanità emerge fragorosamente quando vengono annunciate due giornate contro il razzismo, un adesivo sulla maglia, un messaggio da leggere a fine partita e uno slogan di quelli che non si scordano più: “Keep Racism Out. Together. Everywhere”.
Già, everywhere…

Ora, come noto da sempre, l’unico modo per dare un contributo minore a una causa rispetto al non fare nulla  è trattarla con doppiezza, cambiando toni, sensibilità e decisioni a seconda del rumore di sottofondo dei singoli casi, in questa circostanza delle squadre, degli uomini.

Appena un anno fa

Inizio di aprile del 2023, sono allo stadio per Juventus-Inter, semifinale di Coppa Italia. Loro paiono in crisi e noi, tra una minaccia e l’altra di esclusione dall’Europa, di toglierci altri punti in classifica o di mandarci in qualche serie inferiore, pur senza brillare facciamo il possibile per restare a galla.
Minuti finali. Entra Lukaku, che dopo pochi minuti fa un’inspiegabile e durissima entrata su Gatti, cavandosela con un giallo. Fischi, clima sempre più caldo. Andiamo in vantaggio a pochi minuti dalla fine con rete di un Cuadrado non ancora istruito e migliorato dalle apposite lezioni private di bon ton e fair play della curva nerazzurra.
Il resto lo ricordate: pareggio finale su rigore e Big Rom esulta con il dito davanti alla bocca di fronte alla curva della Juve, che esplode. Dallo stadio non si percepisce – il clima verso il belga è surriscaldato sin dal brutto intervento precedente e nel finale si scatenerà una vera e propria rissa con diverse espulsioni – ma a fine partita veniamo a sapere che tra i vari improperi verso Romelu si sono levati anche i soliti insopportabili ululati razzisti.
Da quel momento, della partita non si parlerà mai più, perché Juventus-Inter ha finalmente unito l’Italia nella condanna al razzismo negli stadi. Sono finalmente finiti i tempi di Kean accompagnato dagli insulti di Cagliari e Vlahovic tempestato di cori discriminatori nel silenzio generale: ora siamo davvero tutti uniti. Interviene Abodi, la Lega Calcio rilascia un comunicato, l’Inter spiega che loro sono “fratelli e sorelle del mondo dal 1908”, la Juve comunica l’impegno immediato a individuare i responsabili, l’agenzia di Lukaku chiede le scuse dei bianconeri, la vicenda oltrepassa i confini nazionali con la solidarietà di tanti giocatori in tutto il mondo, Infantino ricorda che non c’è spazio per il razzismo, Gravina utilizza i suoi poteri da presidente federale per cancellare la squalifica del belga, che potrà così giocare il ritorno di Coppa. La Juve lavora sollecitamente fino a individuare in breve tempo i 171 responsabili di quei cori.

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Un anno dopo, aprile 2024. Le due giornate contro il razzismo

Subito, con grottesca e indecorosa coincidenza, ecco il caso Acerbi – Juan Jesus, un’assoluzione per mancanza di prove e il presidente federale che si dichiara felice di abbracciare il primo, facendo così nero “l’altro giocatore”. Che peraltro mica ha marcato bene Haaland in finale di Champions, quindi perché dovremmo credere a lui?
Appena terminate queste due trionfali giornate contro le discriminazioni, rieccoci in semifinale di Coppa Italia. Juventus-Lazio, con il deprimente video di McKennie bersaglio di ululati uditi e udibilissimi da chiunque ma non dagli ispettori federali. La Juve esprime la propria solidarietà a Wes, anche stavolta comunica di avere attivato la procedura per individuare i responsabili ma intorno tutto è cambiato. Le prime pagine parlano di calcio, Abodi e Gravina hanno altro cui pensare, i giocatori in tutto il mondo forse non sanno neanche cosa sia accaduto, l’agenzia attivissima l’anno scorso ha altre battaglie da portare avanti, l’episodio lo conosciamo noi juventini.

E, se non fosse che il tema non ammette deroghe e ipocrisie, noi ci saremmo pure abituati, tra giustizie sportive e indignazioni a due velocità su tutto, dalle telefonate del 2006 alle plusvalenze nel 2024.
Ma stavolta, almeno stavolta, avevate detto “everywhere”.

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L’ipocrisia delle battaglie promosse dalle nostri istituzioni sportive sui più grandi temi dell’umanità emerge fragorosamente quando vengono annunciate due giornate contro il razzismo, un adesivo sulla maglia, un messaggio da leggere a fine partita e uno slogan di quelli che non si scordano più: “Keep Racism Out. Together. Everywhere”.
Già, everywhere…

Ora, come noto da sempre, l’unico modo per dare un contributo minore a una causa rispetto al non fare nulla  è trattarla con doppiezza, cambiando toni, sensibilità e decisioni a seconda del rumore di sottofondo dei singoli casi, in questa circostanza delle squadre, degli uomini.

Appena un anno fa

Inizio di aprile del 2023, sono allo stadio per Juventus-Inter, semifinale di Coppa Italia. Loro paiono in crisi e noi, tra una minaccia e l’altra di esclusione dall’Europa, di toglierci altri punti in classifica o di mandarci in qualche serie inferiore, pur senza brillare facciamo il possibile per restare a galla.
Minuti finali. Entra Lukaku, che dopo pochi minuti fa un’inspiegabile e durissima entrata su Gatti, cavandosela con un giallo. Fischi, clima sempre più caldo. Andiamo in vantaggio a pochi minuti dalla fine con rete di un Cuadrado non ancora istruito e migliorato dalle apposite lezioni private di bon ton e fair play della curva nerazzurra.
Il resto lo ricordate: pareggio finale su rigore e Big Rom esulta con il dito davanti alla bocca di fronte alla curva della Juve, che esplode. Dallo stadio non si percepisce – il clima verso il belga è surriscaldato sin dal brutto intervento precedente e nel finale si scatenerà una vera e propria rissa con diverse espulsioni – ma a fine partita veniamo a sapere che tra i vari improperi verso Romelu si sono levati anche i soliti insopportabili ululati razzisti.
Da quel momento, della partita non si parlerà mai più, perché Juventus-Inter ha finalmente unito l’Italia nella condanna al razzismo negli stadi. Sono finalmente finiti i tempi di Kean accompagnato dagli insulti di Cagliari e Vlahovic tempestato di cori discriminatori nel silenzio generale: ora siamo davvero tutti uniti. Interviene Abodi, la Lega Calcio rilascia un comunicato, l’Inter spiega che loro sono “fratelli e sorelle del mondo dal 1908”, la Juve comunica l’impegno immediato a individuare i responsabili, l’agenzia di Lukaku chiede le scuse dei bianconeri, la vicenda oltrepassa i confini nazionali con la solidarietà di tanti giocatori in tutto il mondo, Infantino ricorda che non c’è spazio per il razzismo, Gravina utilizza i suoi poteri da presidente federale per cancellare la squalifica del belga, che potrà così giocare il ritorno di Coppa. La Juve lavora sollecitamente fino a individuare in breve tempo i 171 responsabili di quei cori.

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