La nuova fase Juve: Giuntoli scelga allenatore e giocatori per risorgere

Il peso dei punti e il futuro del club bianconero: l’editoriale del Direttore dopo la vittoria di Allegri contro la Fiorentina

Praticamente un gioco di prestigio: c’è una Juventus che attacca, difende alta e non rischia nulla, poi sparisce e, dopo l’intervallo, ne esce una che si abbassa fino all’area piccola, crea poco, rischia di brutto. Così il mago Allegri passa all’incasso di tre punti che fortificano la qualificazione Champions al punto che la Juventus potrebbe perderla solo con un suicidio sportivo. Anche contro la Lazio in Coppa Italia c’erano state due facce di una Juventus che è tornata a vincere, non a convincere: non si può dichiararla guarita dalla crisi di febbraio e marzo, della quale si continuano a percepire gli stessi difetti, ma è quel momento della stagione in cui i punti pesano di più.

Una Juve di transizione

Nei giorni in cui si chiacchiera tanto di cambio di allenatore, Massimiliano Allegri torna a vincere a modo suo, confermando tutto quello che può dare a questa squadra (e non è poco, nonostante il rumore dei detrattori) e anche tutto quello che non può dare e non darà mai (e resta un punto importante nella programmazione del futuro). Allegri divide le opinioni e polverizza le posizioni su di lui, ma forse il problema non è stabilire se Allegri è l’uomo giusto (perché ci sono dei fatti oggettivi che lo dimostrano), quanto capire se è al posto giusto nel momento giusto, in una Juventus di transizione e che, forse, pensa un futuro di un altro tipo. Dopodiché si fa sempre più violenta la rissa verbale fra chi rinfaccia i risultati e chi strepita per il gioco e l’atteggiamento, in pratica fra chi si inebria del bicchiere mezzo pieno del primo tempo e chi non si disseta con quello mezzo vuoto della ripresa.

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Juve, è l'ora delle scelte

È una Juventus brutta e, sostanzialmente, lo è da tre stagioni. Non è una Juventus ricca e, quindi, non ha un grande numero di campioni, ma resta una squadra che potrebbe esprimersi un po’ meglio. Poi, lo scudetto di quest’anno nessuno può strapparlo all’Inter e la Juventus non l’avrebbe vinto neanche se avesse dato continuità al rendimento del girone di andata, senza frantumarla dopo la sconfitta contro l’Inter. Però quello che lascia sedimentare i dubbi è il non vedere progressi, il rivedere sempre gli stessi errori, non intravedere le soluzioni e subire quella mentalità, un po’ deprimente, che fa arretrare la squadra di quaranta metri una volta in vantaggio.

La Juventus, intesa come club, ha imboccato la strada giusta: l’incoraggiante reazione del mercato all’aumento di capitale ha solidificato il piano di risanamento che non è completato, ma consente di progettare una campagna acquisti necessariamente accorta, ma non certo povera. Le questioni economiche vedono la luce in fondo al tunnel e questo riporta d’attualità le questioni tecniche. La palla passa a Cristiano Giuntoli che deve scegliere l’allenatore e i giocatori con i quali far risorgere una Juventus più ambiziosa e più bella. La vittoria di ieri sera apre una nuova fase, annuncia il momento delle scelte.

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Il fotogramma giusto

Ultima riflessione: i fuorigioco di pochi centimetri come quello di McKennie, che ha fatto annullare il gol di Vlahovic nel primo tempo, lasciano sul tavolo il solito problema della scelta del fotogramma. La macchina che traccia la linea sicuramente non sbaglia, ma può sbagliare chi deve cogliere l’attimo in cui congelare l’azione. Vi ricordate il significativo audio del Var in Juventus-Verona (gol annullato a Kean)? «Se vado indietro di uno (fotogramma) è buono».

Quando sono in ballo pochi centimetri, la tecnologia a disposizione non è adeguatamente affidabile nel dare la certezza che viene spacciata dagli addetti al Var. Perché è una questione di qualità delle immagini (ovvero di quanti fotogrammi al secondo riprende la telecamera) e di abilità dell’operatore nello scegliere il fotogramma giusto (e non è facile quando un fotogramma avanti o uno indietro può fare la differenza). Azzeccare un fuorigioco di pochi centimetri è, quindi, come tirare la monetizza: 50% lo becchi, 50% lo sbagli. Allora, se è così, bastava il guardalinee che, magari, può aggiungere buonsenso, di cui sembrano essere totalmente prive certe decisioni tecnoarbitrali.

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Praticamente un gioco di prestigio: c’è una Juventus che attacca, difende alta e non rischia nulla, poi sparisce e, dopo l’intervallo, ne esce una che si abbassa fino all’area piccola, crea poco, rischia di brutto. Così il mago Allegri passa all’incasso di tre punti che fortificano la qualificazione Champions al punto che la Juventus potrebbe perderla solo con un suicidio sportivo. Anche contro la Lazio in Coppa Italia c’erano state due facce di una Juventus che è tornata a vincere, non a convincere: non si può dichiararla guarita dalla crisi di febbraio e marzo, della quale si continuano a percepire gli stessi difetti, ma è quel momento della stagione in cui i punti pesano di più.

Una Juve di transizione

Nei giorni in cui si chiacchiera tanto di cambio di allenatore, Massimiliano Allegri torna a vincere a modo suo, confermando tutto quello che può dare a questa squadra (e non è poco, nonostante il rumore dei detrattori) e anche tutto quello che non può dare e non darà mai (e resta un punto importante nella programmazione del futuro). Allegri divide le opinioni e polverizza le posizioni su di lui, ma forse il problema non è stabilire se Allegri è l’uomo giusto (perché ci sono dei fatti oggettivi che lo dimostrano), quanto capire se è al posto giusto nel momento giusto, in una Juventus di transizione e che, forse, pensa un futuro di un altro tipo. Dopodiché si fa sempre più violenta la rissa verbale fra chi rinfaccia i risultati e chi strepita per il gioco e l’atteggiamento, in pratica fra chi si inebria del bicchiere mezzo pieno del primo tempo e chi non si disseta con quello mezzo vuoto della ripresa.

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