Non è mica da una partita, come dal “DeGregoriano” calcio di rigore, che si giudica un giocatore. Eppure senza quei tre gol al Brasile, per citare un esempio altissimo di partita e di giocatore, Paolo Rossi sarebbe stato comunque un grandissimo centravanti, ma probabilmente non il mito che divenne il 5 luglio 1982 (e nei giorni successivi). Ci sono partite speciali, che segnano spartiacque, che conferiscono o negano uno status. Atalanta-Juventus per Dusan Vlahovic è stata una di quelle partite, sancendo il suo primo (perché dovrà farne altri ed è il primo a saperlo e volerlo) salto di qualità da quando è arrivato in bianconero. È stata la partita del suo primo trofeo a livello professionistico in Italia, dopo due coppe di Serbia e un campionato con il Partizan Belgrado: successi, quelli, ottenuti da promessa non ancora maggiorenne, mentre questo è il primo nelle vesti di una delle stelle della squadra. Squadra che ha trascinato alla vittoria al culmine di una stagione finora in bilico tra luce e ombra.
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Juve, la stagione di Vlahovic tra luci e ombre
La luce dei 16 gol che ne fanno il secondo marcatore del campionato dietro Lautaro Martinez, l’ombra dei tanti errori importanti (Inter, Napoli, Torino, Roma). La luce dei miglioramenti tecnici notevoli, l’ombra delle difficoltà nella gestione della palla sotto pressione non ancora del tutto scomparse. La luce di un atteggiamento spesso positivo e trascinante nei confronti dei compagni, l’ombra di certe arrabbiature, di certi plateali scoramenti e di certi scatti d’ira. Nella notte dell’Olimpico, Vlahovic ha illuminato definitivamente la sua stagione. Le ombre restano, ma ora sono macchie in una luce che si proietta sul futuro pronta a cancellarle. Una luce che DV9 ha acceso in meno di quattro minuti, con un movimento perfetto per attaccare la profondità alle spalle di Hien, con la velocità e la forza per resistere al ritorno dello svedese, con la freddezza e la tecnica per battere Carnesecchi. Di destro, per la sesta volta in stagione: appena 2 in meno rispetto alle 8 reti realizzate col piede debole in tutte le cinque stagioni precedenti, per tornare alla crescita sottolineata prima.
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