TORINO - Oggi finisce la squalifica, fra quaranta giorni finisce la Juventus: è un periodo di svolte per Federico Cherubini, che festeggerà la fine dell’inibizione per la questione plusvalenze, viaggiando al seguito della Next Gen contro la Carrarese (playoff di andata) e, per la prima volta dopo sedici mesi, potrà andare in campo prima della partita o bazzicare gli spogliatoi. Sensazioni e odori per coinvolgere tutti i sensi nella fine di un incubo. Per carità, sedici mesi di inibizione non fanno di Cherubini un Mandela del calcio, ma l’assurdità della sua condanna è uno dei tanti paradossi di un procedimento che, di stranezza in stranezza, ha visto un club pagare caro, insieme ai suoi dirigenti, e altri essere incredibilmente perdonati ad assoluta parità di violazione. Ma oggi è tutto finito e Cherubini non ha certo voglia di guardarsi indietro a ripensare al fatto di essere stato condannato per le plusvalenze gonfiate, lui che è stato il dirigente che aveva interrotto la pratica. È la giustizia sportiva, baby... Piuttosto, Cherubini, si guarderà indietro fra poco più di un mese, al momento di lasciare la Juventus, dopo dodici anni intensi di progetti realizzati. E se siete arrivati fin qui a leggere chiedendovi come mai Cherubini meriti una pagina intera di giornale è perché, forse, non ne conoscete bene la storia, per lo meno quella degli ultimi dodici anni. E noi siamo qui per raccontarvela.
La carriera di Federico Cherubini
Il salto dal Foligno alla Juventus è più lungo dei seicento chilometri di autostrada che Federico Cherubini ha compiuto la prima di centinaia di volte nella primavera del 2012, per incontrare Beppe Marotta. Fabio Paratici lo ha notato e lo vuole portare a Torino per completare una squadra dirigenziale forte almeno quanto quella che in campo vinceva scudetti a raffica. Per trovargli un ruolo, Paratici si inventa un ruolo: direttore sportivo dei prestiti. Mica un’idea stupida, perché all’epoca la Juventus, come moltissime altre squadre italiane, viaggiava a una media di cinquanta prestiti in giro per l’Europa. Cherubini era diventato una trottola in giro per i centri sportivi a osservare, parlare e tenere i contatti per tenere uniti in una squadra ideale i giocatori sparpagliati. Allora non lo sapeva, Cherubini, ma quei chilometri erano l’inizio di un percorso alla ricerca della strada giusta che si è completato con la creazione della seconda squadra nel 2018. Nei sei anni in mezzo, si era occupato della filiera che parte dall’attività di base dove ogni anno si piantano centinaia di sogni nella speranza di realizzarne un paio, portandoli in prima squadra. La seconda squadra è stata il progetto che Cherubini ha studiato all’estero e, insieme a Marotta, Paratici e Andrea Agnelli, ha importato alla Juventus, fra lo scetticismo generale. A distanza di cinque anni, è partita pure l’Atalanta (altra società che fa dell’innovazione e delle buone idee la benzina per andare avanti) e ora c’è una discreta coda di chi ha capito che, di questi tempi, è un progetto quasi indispensabile.