"Bremer, quanto starà fuori e come tornerà": intervista all'ex medico Juve

Il difensore, infortunatosi nei primi minuti della partita contro il Lipsia, ha riportato la lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro

TORINO - L’infortunio occorso a Gleison Bremer nella partita di mercoledì sera a Lipsia in Champions League, ovvero la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro come ha sentenziato l’esame sostenuto al JMedical ieri mattina, è il più grave che possa succedere all’articolazione e terrà indisponibile il difensore brasiliano circa 7 mesi. Per saperne di più ecco le risposte di Fabrizio Tencone, medico dello sport, Direttore del centro Isokinetic di Torino e per 17 anni medico sociale della Juventus.

Buongiorno dottor Tencone. Quando ha visto in tv l’infortunio a Bremer ha temuto il peggio?
«Dalle immagini che ho visto devo dire che purtroppo ero quasi certo. In questi anni abbiamo studiato molto i video legati anche a questo tipo di infortuni. Quando ho visto che ha messo giù il piede in quel modo e con quel rimbalzo del ginocchio ho immaginato cosa stava rischiando».

Qual è la dinamica che porta alla rottura del crociato? Da cosa dipende?
«E’ una questione di posizione e carichi. Il tempo sufficiente per rompersi il legamento crociato è inferiore a mezzo secondo: 200 millisecondi. In quel margine ci sono tutta una serie di movimenti che portano a questa condizione. In questo caso la compressione e la rotazione del ginocchio ha determinato la rottura. Ancora una volta non c’è stata la rottura per un intervento diretto esterno di un avversario, lui è stato semplicemente perturbato nel senso che dopo un contatto ha alterato il suo schema motorio. Non c’è stato un trauma diretto. In un istante il difensore si è trovato in una posizione che non si aspettava. Almeno nel 70% dei casi dei crociati rotti non c’è contatto, ci si fa male da soli».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Infortunio Bremer: tutti i dettagli

Si è infortunato dopo 4 minuti. Si può ipotizzare che la stessa situazione a metà partita sarebbe potuto essere supportata da una risposta propriocettiva più efficace, grazie al corpo più “riscaldato”? «Questa riflessione in realtà non è supportata da dati scientifici e poi bisogna dire che ora i calciatori quando iniziano la partita sono già belli rodati da un riscaldamento intenso. Si pensava che la maggior parte di questi infortuni avvenisse nella ripresa quando i calciatori sono stanchi e invece accade soprattutto nel primo tempo. Non sappiamo dire perché».

Quanti legamenti ci sono nel ginocchio?
«I principali sono quattro: 2 dentro il ginocchio, il crociato anteriore e il posteriore e due laterali al ginocchio, il collaterale interno e quello esterno. Quello che si è rotto Bremer è oggettivamente il più importante. Le ragazze che giocano a calcio si rompono il crociato con una incidenza superiore di quasi 4 volte. In parte può dipendere dalla postura con le ginocchia valghe più frequenti».

Ora Bremer si sottoporrà all’intervento. Che tipo di operazione è?
«La tipologia dipenderà dal chirurgo. A seconda di chi interviene ci sono scelte diverse: nel nostro corpo ci sono tre diversi “pezzi di ricambio”. Il tendine rotuleo (la fettina centrale), i tendini dei muscoli posteriori della coscia e il tendine quadricipitale sopra la rotula».

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Le analogie con Del Piero

Che dimensione ha un legamento crociato? «E’ un cordoncino lungo come mezzo dito e spesso come un mignolo. Tiene insieme l’osso sotto, la tibia e quello superiore, il femore».

Che tempi di recupero possiamo immaginare?
«Siamo intorno ai sette mesi, dunque vicini al termine della stagione. I dati di Champions negli ultimi quasi 20 anni dimostrano che dopo un crociato rotto ci si torna ad allenare con la squadra dopo 6 mesi e mezzo e si rientra in campionato dopo 7 mesi e mezzo. Ovviamente si parla di media».

Potrà tornare come prima?
«Solitamente a questi livelli il recupero è intorno al 95%, anche qui dati Champions. Vale per questi atleti, la popolazione normale ha un recupero totale di circa il 60%».

A livello di recidive i dati cosa dicono?
«Sono basse, ci si rifà male una volta su dieci, numeri molto più alti nei ragazzini sotto i 18 anni. Qui siamo a uno su quattro».

Lei soccorse nel 1998 a Udine Del Piero quando si ruppe il ginocchio. Poi tornò forte come prima. Ci sono molte analogie?
«L’infortunio al ginocchio di Alessandro fu molto più complesso, con una dinamica anche diversa e decisamente più importante. Impiegò il tempo necessario per recuperare al meglio e tornò il Del Piero di prima, giocando altri 14 anni nella Juventus e vincendo anche il Mondiale».

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TORINO - L’infortunio occorso a Gleison Bremer nella partita di mercoledì sera a Lipsia in Champions League, ovvero la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro come ha sentenziato l’esame sostenuto al JMedical ieri mattina, è il più grave che possa succedere all’articolazione e terrà indisponibile il difensore brasiliano circa 7 mesi. Per saperne di più ecco le risposte di Fabrizio Tencone, medico dello sport, Direttore del centro Isokinetic di Torino e per 17 anni medico sociale della Juventus.

Buongiorno dottor Tencone. Quando ha visto in tv l’infortunio a Bremer ha temuto il peggio?
«Dalle immagini che ho visto devo dire che purtroppo ero quasi certo. In questi anni abbiamo studiato molto i video legati anche a questo tipo di infortuni. Quando ho visto che ha messo giù il piede in quel modo e con quel rimbalzo del ginocchio ho immaginato cosa stava rischiando».

Qual è la dinamica che porta alla rottura del crociato? Da cosa dipende?
«E’ una questione di posizione e carichi. Il tempo sufficiente per rompersi il legamento crociato è inferiore a mezzo secondo: 200 millisecondi. In quel margine ci sono tutta una serie di movimenti che portano a questa condizione. In questo caso la compressione e la rotazione del ginocchio ha determinato la rottura. Ancora una volta non c’è stata la rottura per un intervento diretto esterno di un avversario, lui è stato semplicemente perturbato nel senso che dopo un contatto ha alterato il suo schema motorio. Non c’è stato un trauma diretto. In un istante il difensore si è trovato in una posizione che non si aspettava. Almeno nel 70% dei casi dei crociati rotti non c’è contatto, ci si fa male da soli».

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