Tudor insicuro, Comolli senza mezzi termini: confronti accesi Juve e deadline fissata

L'allenatore incontra la dirigenza e i calciatori: il discorso e l'obiettivo a partire dalla trasferta di Champions League in casa del Real Madrid

TORINO - Non è stato un giorno come gli altri, alla Continassa. E non è stato nemmeno un confronto come i soliti, quelli post partita, fatti per decriptare alcune scelte e per chiedere le condizioni dei giocatori. No, stavolta è stato diverso, differente nei toni - più fermi - e nelle intenzioni, cambiate come l’umore dopo la disfatta di Como, dove Tudor ha certificato la confusione che aleggiava da tempo, e che finora era stata mascherata giusto dai pareggi, al limite dalle rimonte prodotte. Aveva la squadra in mano, si diceva. Ed è una sensazione presente ancora adesso, persino dopo il ko del Sinigaglia. Perciò è stato più facile ripartire da qui, dal sentimento d’unione che la squadra ha sempre dimostrato di avere, tra gli stessi giocatori e nel rapporto diretto con l’allenatore.

Juve, Comolli e Tudor parlano alla squadra

Il primo a parlare ieri è stato Damien Comolli, dg e presto amministratore delegato: l’ha fatto ai calciatori, e senza mezzi termini. La richiesta è stata di maggiore responsabilità, considerato il momento e la delicatezza di quest’ultimo. Poi è arrivato il turno dell’allenatore, spesso protettivo con i suoi e altrettanto spesso comprensivo: stavolta no, non è stato questo il caso. È stata invece l’opportunità di analizzare il trend, di andare nel dettaglio degli errori, e in particolare di inchiodare al muro i difetti di atteggiamento che non vuole più vedere, a partire dalla delicata sfida di domani, a Madrid e contro il Real. Un incrocio da brividi, ma che non decreterà il futuro della guida tecnica.

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Juventus

Juve, il terzo confronto

È stato il punto centrale del terzo - e non finale - confronto di giornata, quello più atteso: come ogni post partita, però con un significato chiaramente più profondo, c’è stato un colloquio fitto tra la dirigenza e il tecnico croato, al quale è stata ribadita la fiducia sull’operato, sulle idee di calcio, sul modo in cui ha saputo - già in passato - riprendere un gruppo parso tutto fuorché in grado di liberarsi dalle sabbie mobili. La stima è rimasta dunque immutata, ma c’è bisogno inevitabilmente di rafforzarla con i risultati. E se Madrid sarà una tappa a sé - impossibile pretendere qualcosa quando si è di scena al Bernabeu -, quelle di campionato rischiano di farsi decisive, perché il tempo è sempre meno e il rischio di restare tagliati fuori dai grandi obiettivi è praticamente dietro l’angolo.

Lazio, Udinese e Cremonese: l'obiettivo

Tant’è: Igor è fondamentalmente appigliato alle partite con Lazio, Udinese e Cremonese, dalle quali la società si aspetta di fare il massimo per presentarsi alle gare decisive con Sporting (per mettere a posto la classifica in Champions) e con il Torino, partita naturalmente con un significato diverso dalle altre, ma che comunque decreterà se e come la Juventus sarà uscita dalla crisi. Tre settimane di tempo, poco meno, per raddrizzare la baracca. Un modo più evidente per consegnare a Tudor una scialuppa di salvataggio: starà a lui capire come sfruttarla, mentre saranno i risultati a dire se riuscirà o meno a farlo.

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Burgess si presenta alla Juve

Nel frattempo, in sede, si è visto anche il capo dell’area Performance, Darren Burgess: c’è stato giusto il tempo di una presentazione generale, di serrare le fila e di capire per il dirigente l’ambiente circostante. Prima che possa avere davvero un effetto sulle prestazioni della Juve, ecco, occorrerà tempo e dunque un bel po’ di pazienza. Sarà un’altra delle tante prove che toccheranno alla Juve e in un lasso di tempo realmente ridotto. Sullo sfondo, resiste l’animo inquieto di Igor: si sente più solo, e per questo meno sicuro. Dalle incomprensioni sul mercato a quelle legate principalmente alle scelte tattiche, è davanti all’onda più alta dell’intera esperienza bianconera.

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Tudor, il Real Madrid...

E saper surfare è una dote complicata, specialmente per un allenatore. L’orizzonte gli offre un assist comunque impossibile da sottovalutare: Tudor considera paradossalmente una buona notizia il fatto di giocare in casa del Real Madrid, perché non c’è bisogno di motivare e nemmeno di inventarsi granché. Lo farà la partita per lui, condannando in maniera inequivocabile i calciatori a una responsabilità che sarà fondamentalmente necessaria. Il punto, già domani, sarà capire quanto e se il gruppo sarà uscito dalla nuvola grigia di pensieri e confusione. E se ci possa essere davvero margine per tornare leggeri come a inizio stagione, quando la pressione era cavalcata. E il futuro non faceva così paura, ai calciatori come alla società.

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TORINO - Non è stato un giorno come gli altri, alla Continassa. E non è stato nemmeno un confronto come i soliti, quelli post partita, fatti per decriptare alcune scelte e per chiedere le condizioni dei giocatori. No, stavolta è stato diverso, differente nei toni - più fermi - e nelle intenzioni, cambiate come l’umore dopo la disfatta di Como, dove Tudor ha certificato la confusione che aleggiava da tempo, e che finora era stata mascherata giusto dai pareggi, al limite dalle rimonte prodotte. Aveva la squadra in mano, si diceva. Ed è una sensazione presente ancora adesso, persino dopo il ko del Sinigaglia. Perciò è stato più facile ripartire da qui, dal sentimento d’unione che la squadra ha sempre dimostrato di avere, tra gli stessi giocatori e nel rapporto diretto con l’allenatore.

Juve, Comolli e Tudor parlano alla squadra

Il primo a parlare ieri è stato Damien Comolli, dg e presto amministratore delegato: l’ha fatto ai calciatori, e senza mezzi termini. La richiesta è stata di maggiore responsabilità, considerato il momento e la delicatezza di quest’ultimo. Poi è arrivato il turno dell’allenatore, spesso protettivo con i suoi e altrettanto spesso comprensivo: stavolta no, non è stato questo il caso. È stata invece l’opportunità di analizzare il trend, di andare nel dettaglio degli errori, e in particolare di inchiodare al muro i difetti di atteggiamento che non vuole più vedere, a partire dalla delicata sfida di domani, a Madrid e contro il Real. Un incrocio da brividi, ma che non decreterà il futuro della guida tecnica.

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