Tudor rischia la Juve sul serio: Igor sempre più solo. I possibili sostituti

Rapporti tesi con Comolli, l'avventura bianconera con Madrid bivio decisivo

Sconsolato. Con lo sguardo basso. Le mani in tasca. La testa calda e la necessità comunque di raffreddare i pensieri, perché non c'è tempo per rimuginare, figuriamoci per lavorare sugli errori. La domenica trascorsa da Igor Tudor è stata drammaticamente di passione: ha visto la sua squadra crollare sotto i colpi di un Como con un bel talento e tanta organizzazione in più. Soprattutto, ha visto i suoi mollare il colpo, rigettare i cambi di sistema e patire la mancanza di certezze. Si è irrigidita, la Juve. O comunque non si è mai sciolta, né sentita a proprio agio. E arrivati all'ultimo scampolo di ottobre, oltre a classifica e risultati - adesso sono sei, le partite senza vittoria - ad allarmare tifosi e catena di comando è quanto visto in campo, è la prestazione ancor prima del prodotto finale. Con la presa del tecnico sui giocatori a generare i principali sospetti. Il RischiaTudor, il suo 4-2-3-1, poi diventato 4-4-2 e infine - disperazione - un 4-2-4 in cui il vuoto centrale si è fatto enormemente simbolico, è stato in fondo anche una risposta, e indirizzata agli uffici più in alto della Continassa, dove soltanto nei giorni scorsi c'era stato un confronto diretto tra Igor e il direttore generale (e prossimo ad) Damien Comolli.

Tudor sempre più solo

Sul tavolo della discussione, argomenti generali - le condizioni del gruppo, breve recap dei Nazionali, le prime intuizioni di Burgess, presente ieri al Sinigaglia - e temi più particolari. Prevalentemente di natura tattica. Da parte del dirigente, una richiesta di informazioni sulle intenzioni dell’allenatore, sulle alternative sviluppate e sulle possibilità di cambiamento, comprendendo e caldeggiando la strada della difesa a 4. Da parte dell’allenatore, una risposta franca, fredda, quasi di rimbalzo: avanti per la sua strada. In cui non esclude delle modifiche in corsa, chiaro: però non al costo di snaturare un'idea di gioco in cui crede, a volte a occhi chiusi. In molti pensavano che il croato non avesse ancora intenzione di modificare l'assetto, e invece ha sorpreso tutti. Tutti tranne Comolli, il primo evidentemente ad auspicare una manovra più drastica, un soccorso più concreto a supporto del gruppo. Tentativo a parte, l'inversione di tendenza non è arrivata. Anzi: ha finito per peggiorare gli umori, per indurire i già complicati caratteri, per aumentare la distanza tra la guida tecnica e quella dirigenziale.

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Tudor-Comolli: è gelo

Mai così freddi, i rapporti. E mai, le parti, così in difficoltà rispetto ai prossimi passi. Più pragmaticamente, la strada da seguire nelle prossime ore sarà la prassi dei giorni peggiori: fare quadrato, stare attorno all'allenatore, prendersene cura mediaticamente e nel privato, dandogli la fiducia necessaria per venirne fuori asciutto nel bel mezzo della tempesta.

Altrettanto pragmaticamente, la Juventus inizierà però le analisi del caso, valutando a trecentosessanta gradi quanto fatto finora, prendendosi del tempo pure per capire quale direzione la Juve stia intraprendendo. Se sia presto per cambiare. Se possa essere addirittura già il momento di farlo. In un mese, quello in cui i bianconeri affronteranno il Real a Madrid, la Lazio a Roma, Udinese e Sporting a Torino e in mezzo la trasferta di Cremona prima di chiudere con il derby contro il Toro, Tudor è chiamato a raddrizzare drasticamente la situazione, a ridare non solo punti e ossigeno alla classifica, compresa quella Champions: ma forza, ambizione, qualità, e sopra ogni altra cosa ha l'obbligo di riconsegnare prospettive all'intero ambiente.

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Da Spalletti a Mancini: tutti i nomi in orbita Juve

Ecco, in bocca al lupo. Perché dovrà pure farlo con una serie di nomi che iniziano a circolare, tra autocandidature e situazioni più probabili, come il ritorno in orbita di nomi con un curriculum all'altezza, da Luciano Spalletti a Roberto Mancini, passando per giovani in rampa di lancio come Raffaele Palladino (che troverebbe nel dt Modesto un'ottima sponda), e senza dimenticare le piste straniere e più vicine al dg, da Marco Rose a Edin Terzic. Prematuro, comunque, immaginare una soluzione. Persino per la dirigenza, che scandaglierà ipotesi e profili, che continua però a tifare per la linea della continuità, dei conti a fine stagione, e perciò per Igor. Con cui le crepe di oggi non sono in fondo tanto differenti, o più marcate, rispetto a quelle di ieri. Specialmente a causa della composizione della squadra.

A Fabregas, Tudor aveva invidiato pubblicamente la possibilità di scegliere i giocatori per la sua formazione; ai suoi dirigenti, tra i denti, ha fatto presente proprio questo nodo, mai davvero sciolto: la differenza tra quanto desiderato e quanto ottenuto. Ogni riferimento a Kolo Muani, naturalmente, non sarà sembrato casuale. Ogni parola lanciata nella mischia nelle varie conferenze - dal "signor Burgess non ancora a Torino" alle più candide ammissioni sui limiti della rosa - adesso ha quasi un significato più profondo. 

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Le colpe di Tudor, il nervosismo di Vlahovic

La difesa a 4, David dal 1’, Koopmeiners con Locatelli e Thuram. E poi? Ecco quanto dura il tempo della curiosità: tre minuti. Poco più. Comunque, quanto impiega Paz a sistemare il pallone, a calciare una punizione larga, a trovare la zampata di Kempf. Col Sinigaglia in visibilio. Appena iniziato il cammino, la collina da scalare per la Juve si è fatta immediatamente montagna. Solo qualcuno aveva fiato per proseguire, in pochissimi il coraggio per capire come andare oltre le avversità, nessuno però godeva di certezze rispetto a posizioni, ruoli, il più banale dei da farsi. Patatrac servito. Tonfo generato. Perché di questo si tratta: di un crollo. Verticale. Di un 2-0 in casa del Como che allarga il vuoto generale per un motivo molto più venale: fallito l’aggancio al gruppo in testa. Eppure Tudor ci ha provato. A modo suo. Però l’ha fatto. Schierando un 4-3-3 stretto con Conceiçao e Yildiz a supporto di David, Koop poco più avanzato rispetto alla linea di centrocampo. L’aveva provato alla vigilia e ha osato. Non ha pagato. E sin dall’inizio, quando la Juve – gol subito a parte – ha speso più del primo quarto d’ora a capire come comportarsi, a trovare le misure. Incassato (bene) il colpo, ha poi confezionato un’azione dopo l’altra, cercando Kenan e concentrandosi su David. Così arriva la rete annullata al 36’: è assist di Koop, ma opera del canadese, tra le poche consolazioni di Igor. Che nella ripresa azzarda, cioè non cambia. E i bianconeri? Restano gli stessi. Patiscono. Sono sotto.

Il regno della confusione

E lo capiscono meglio all’ora di gioco, quando Koopmeiners ha due chance, Chico spreca un altro contropiede e Thuram ha la vera occasione al 67’, quarta in 4 minuti. Niente. Non va. Ma Igor aspetta, lo fa ancora, poi è a meno di 15 minuti dal termine e si decide. Fuori i due mediani: McKennie in mezzo, Vlahovic davanti. È 4-4-2, e servirebbe qualche pallone in mezzo. Ma gli esterni non incidono, Dusan non si vede, s’accartoccia e s’arrovella. Sembra pensare a tutto il tempo solo alla manciata di minuti che ha a disposizione per cambiare la storia. Pochi e sporchi, già inutili ancor prima di provarci. Non si riprende. Non lo fa neanche la squadra: al 79’ Cambiaso è in ritardo sul lancio di Perrone, che pesca Nico. E Nico fa Nico. Tira a giro, segna una meraviglia, fa il 2-0. Tudor prova a riscriverlo con Kostic e Joao Mario, con un tentativo estremo di 4-2-4: è il terzo sistema di gioco diverso in 80 minuti, è parkour su una fila di specchi. Caos e rischi. Nessuna pulsazione. E si fa altamente emblematico, soprattutto della confusione che regna nelle idee del tecnico.

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Sconsolato. Con lo sguardo basso. Le mani in tasca. La testa calda e la necessità comunque di raffreddare i pensieri, perché non c'è tempo per rimuginare, figuriamoci per lavorare sugli errori. La domenica trascorsa da Igor Tudor è stata drammaticamente di passione: ha visto la sua squadra crollare sotto i colpi di un Como con un bel talento e tanta organizzazione in più. Soprattutto, ha visto i suoi mollare il colpo, rigettare i cambi di sistema e patire la mancanza di certezze. Si è irrigidita, la Juve. O comunque non si è mai sciolta, né sentita a proprio agio. E arrivati all'ultimo scampolo di ottobre, oltre a classifica e risultati - adesso sono sei, le partite senza vittoria - ad allarmare tifosi e catena di comando è quanto visto in campo, è la prestazione ancor prima del prodotto finale. Con la presa del tecnico sui giocatori a generare i principali sospetti. Il RischiaTudor, il suo 4-2-3-1, poi diventato 4-4-2 e infine - disperazione - un 4-2-4 in cui il vuoto centrale si è fatto enormemente simbolico, è stato in fondo anche una risposta, e indirizzata agli uffici più in alto della Continassa, dove soltanto nei giorni scorsi c'era stato un confronto diretto tra Igor e il direttore generale (e prossimo ad) Damien Comolli.

Tudor sempre più solo

Sul tavolo della discussione, argomenti generali - le condizioni del gruppo, breve recap dei Nazionali, le prime intuizioni di Burgess, presente ieri al Sinigaglia - e temi più particolari. Prevalentemente di natura tattica. Da parte del dirigente, una richiesta di informazioni sulle intenzioni dell’allenatore, sulle alternative sviluppate e sulle possibilità di cambiamento, comprendendo e caldeggiando la strada della difesa a 4. Da parte dell’allenatore, una risposta franca, fredda, quasi di rimbalzo: avanti per la sua strada. In cui non esclude delle modifiche in corsa, chiaro: però non al costo di snaturare un'idea di gioco in cui crede, a volte a occhi chiusi. In molti pensavano che il croato non avesse ancora intenzione di modificare l'assetto, e invece ha sorpreso tutti. Tutti tranne Comolli, il primo evidentemente ad auspicare una manovra più drastica, un soccorso più concreto a supporto del gruppo. Tentativo a parte, l'inversione di tendenza non è arrivata. Anzi: ha finito per peggiorare gli umori, per indurire i già complicati caratteri, per aumentare la distanza tra la guida tecnica e quella dirigenziale.

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