“Juric, dai più spazio a Pellegri. Da cosa dipendono le difficoltà del Toro”

Intervista a Nedo Sonetti, ultimo tecnico a vincere due derby in una stagione: “Zapata deve riprendersi”

«Fa male vedere un Torino così, senza orgoglio e quel feroce attaccamento alla maglia degno della sua storia. Molto diverso da quello che ho conosciuto e allenato io». Traspare emozione nelle parole di Nedo Sonetti, tecnico granata nell’annata 1994-95, quella dei due derby vinti contro la Juve di Lippi poi campione d’Italia. Da allora sono passati quasi 30 anni e per il Toro le sfide con i bianconeri sono state quasi solo dolori: un successo uno negli ultimi 25 anni. Numeri da incubo che l’allenatore di Piombino spiega così: «Ci sono troppi stranieri. Ormai i club vanno a prendere i giocatori in Papuasia, poi ci si meraviglia se non hanno un legame viscerale con la maglia e il club di appartenenza. Così non va bene. La storia del Toro merita altro». Il tono di voce - a dispetto degli 82 anni - si accende e diventa sempre più squillante: «Mi infervoro quando vedo il Torino vivacchiare a metà classifica. Il Toro è uno dei club più gloriosi d’Italia e dovrebbe stare ai primi posti a lottare stabilmente per l’Europa ogni anno, partecipando con regolarità alle coppe».  

Lei per i tifosi granata rimane un mito. Il doppio derby vinto nel ‘94-95 è nella storia. 
«È stata la soddisfazione più bella della mia carriera. La metto al pari delle promozioni conquistate. Sono stato poco più di un anno a Torino, ma quella stagione mi è entrata nel cuore».  

Il suo Toro faceva tremare la Juve. Dirlo oggi sembra quasi impossibile da credere… 
«E che Juve! Quello di Lippi era uno squadrone. Vinsero a mani basse il campionato quell’anno e la stagione successiva la Champions League, eppure contro di noi soffrivano tantissimo: ci temevano e perdevano…». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Come riuscivate ad avere le meglio? 
«Col carattere e un attaccamento incredibile alla maglia. Non c’erano tutti gli stranieri di oggi che non sanno manco cos’è il quarto d’ora granata o cosa rappresenta Superga. Se non conosci il passato della società in cui militi, difficilmente ne diventerai parte integrante”.  

Come si può ovviare a tutto ciò? 
«Servono più italiani. Qualche ragazzo del vivaio che cresca con la maglia granata cucita addosso e altri per cui il Toro dev’essere un punto di arrivo. E qualcuno che insegni cosa significa questa società e la sua storia».  

Segue sempre con attenzione il Toro… 
«Certamente e pure con grande affetto. Mi auguro possa finalmente lottare per l’Europa, ma temo sia un’altra annata di transizione, anche se. Juric è bravo».  

Non ha di questi problemi, a proposito di sue ex squadre, l’Atalanta che da anni è in pianta stabile nelle Coppe. 
«Quello della Dea è il modello da imitare. Sono riusciti a fare il salto di qualità, lanciando tanti talenti».  

Da Bergamo in estate è arrivato al Toro Zapata. Si aspettava di più dal Panterone? 
«Non capisco cosa gli succede. Fino a un paio d’anni fa era devastante. Spero si riprenda, perché al momento non sta rendendo».  

In nerazzurro l’ha rimpiazzato Scamacca
«Mi piace molto. Può diventare il numero 9 della Nazionale. A livello fisico ci siamo, però deve migliorare nel temperamento».  

A proposito di giovani: tra i pochi italiani del Toro su chi punta? 
«Darei una chance a Pellegri: ha buone qualità, ma gli serve continuità e più spazio per esplodere».

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«Fa male vedere un Torino così, senza orgoglio e quel feroce attaccamento alla maglia degno della sua storia. Molto diverso da quello che ho conosciuto e allenato io». Traspare emozione nelle parole di Nedo Sonetti, tecnico granata nell’annata 1994-95, quella dei due derby vinti contro la Juve di Lippi poi campione d’Italia. Da allora sono passati quasi 30 anni e per il Toro le sfide con i bianconeri sono state quasi solo dolori: un successo uno negli ultimi 25 anni. Numeri da incubo che l’allenatore di Piombino spiega così: «Ci sono troppi stranieri. Ormai i club vanno a prendere i giocatori in Papuasia, poi ci si meraviglia se non hanno un legame viscerale con la maglia e il club di appartenenza. Così non va bene. La storia del Toro merita altro». Il tono di voce - a dispetto degli 82 anni - si accende e diventa sempre più squillante: «Mi infervoro quando vedo il Torino vivacchiare a metà classifica. Il Toro è uno dei club più gloriosi d’Italia e dovrebbe stare ai primi posti a lottare stabilmente per l’Europa ogni anno, partecipando con regolarità alle coppe».  

Lei per i tifosi granata rimane un mito. Il doppio derby vinto nel ‘94-95 è nella storia. 
«È stata la soddisfazione più bella della mia carriera. La metto al pari delle promozioni conquistate. Sono stato poco più di un anno a Torino, ma quella stagione mi è entrata nel cuore».  

Il suo Toro faceva tremare la Juve. Dirlo oggi sembra quasi impossibile da credere… 
«E che Juve! Quello di Lippi era uno squadrone. Vinsero a mani basse il campionato quell’anno e la stagione successiva la Champions League, eppure contro di noi soffrivano tantissimo: ci temevano e perdevano…». 

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