Superlega e il calcio che non si vende: gli slogan e chi non ha capito

C’è una sentenza della massima corte europea che stabilisce una serie di punti inoppugnabili che dovranno essere osservati. E non c’è molto spazio per l'interpretazione

La Superlega può piacere e non piacere. E quindi si può auspicare che nasca, oppure che fallisca. Fa tutto parte del grande diritto di pensiero e parola che viene garantito dai mai troppo ringraziati estensori della nostra Costituzione. Poi c’è una sentenza della massima corte europea che stabilisce una serie di punti inoppugnabili che dovranno essere osservati. Non c’è molto spazio all’interpretazione, per esempio, sul fatto che nessuno può minacciare sanzioni o, addirittura, assegnarle a chi pensa di partecipare a una competizione alternativa. Si chiama libera concorrenza, è un concetto desueto per il mondo del calcio, ma piuttosto comune in chi mastica il diritto europeo. Il che non significa che chi crede di difendere le proprie idee sul calcio, su come deve essere organizzato e da chi, non possa farlo. Solo deve farlo senza abusare di un potere che si è autoassegnato e che amministra senza un controllo superiore. La Superlega si farà o non si farà sulla base di quanto decideranno i club, che in definitiva sono i veri padroni del calcio, perché sono quelli che pagano. Se ci stanno si fa, se non ci stanno non si fa.

Le differenze col sistema attuale

È molto più semplice e meno ipocrita della retorica sulla meritocrazia, su ricchezza contro etica, sul calcio che non si vende. Quest’ultimo, come slogan, è piuttosto ridicolo pronunciato da chi, il calcio, lo vende a caro prezzo. Il calcio è business ormai da quarant’anni, non è oggi che lo sta diventando. Chi voleva salvare certi valori doveva pensarci negli Anni 90, ma i soldi avevano inebriato tutti. Smettiamola con la questione dei ricchi che vogliono strappare il calcio al popolo. Il calcio non è mai stato del popolo, è sempre stato dei ricchi. E oggi, nel sistema attuale, è dei fondi di investimento, di grandi imprenditori, di fondi sovrani. Nell’ipotetico sistema della Superlega sarebbe dei fondi di investimento, di grandi imprenditori, di fondi sovrani. Il sistema attuale, con la partecipazione ripetuta alla Champions League dei soliti club, ha scavato un divario enorme fra le grandi squadre e le piccole-medie nei campionati nazionali (quasi ovunque monopolizzati da un élite di 2/3 squadre). Il sistema della Superlega non cambierebbe granché la situazione attuale.

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