Il vero Djoker è Sinner: Jannik, prove da numero uno

L'altoatesino surclassa Lehecka: 19ª vittoria consecutiva, 16ª del 2024, solo una in meno dell’avvio 2006 di Federer. Arriva la sesta semifinale in un Masters 1000 giocando ad alto livello e poi chiedendo a coach Cahill di provare colpi
Il vero Djoker è Sinner: Jannik, prove da numero uno© EPA

INDIAN WELLS (CALIFORNIA) - Prove d’autore, prima di dare forma alla tela definitiva. Quella che nelle sue migliori intenzioni rappresenterà Sinner nell’apoteosi del terzo trionfo stagionale, nell’ascesa al numero due, e nell’approdo alla ventunesima vittoria consecutiva, la diciottesima dell’anno (una più di Federer, che in avvio del 2006 arrivò a 17 successi). Ora Jan è già a 19 contando la Davis, 16 nel 2024. Ce n’è di immagini da divertirsi a sognare, chiudendo gli occhi nel riposino di metà giornata. Ma Jannik non è tipo, non spreca il proprio tempo, forse i sogni sono fatti per vivere meglio, ma anche per mandare tutto in aceto, per non dire di peggio. E lui se ne guarda bene. Il match con Lehecka è valso un buon allenamento, ma è ancora mattina quando il ceco va a stringergli la mano con un verdetto sulle spalle che pesa un accidente e sa terribilmente di batosta, dunque Jannik detta ordini precisi al suo team prima di uscire dal campo. Con il ditino indica la direzione, dove la troupe dovrà seguirlo. Un campo lontano. Li vuole tutti a disposizione. Si ricomincia. C’è tempo per un altro allenamento. Poi, pomeriggio libero per tutti. Forse. Chissà… Se non gli saranno rimasti dubbi su qualche colpo che ritiene di non aver eseguito al meglio, annuncerà il via libera. Altrimenti, Cahill lo scorterà da capo sul cemento bollente dei campi che di tanto in tanto si riempiono dalla sabbia del deserto, quella che sulle palline fa l’effetto di una grattugia. Con Sinner, va così… Il cartellino si timbra quando lo stabilisce lui.

Sinner "gioca" a fare il Djokovic

Intanto, sul campo dello Stadio numero due, in attesa di ricevere il pass per la semifinale, la sesta in un Masters 1000, Jannik si è dedicato a fare il Djokovic. Quello vero, intendo, non quello di oggi, stranito al punto da rinunciare anche a Miami e puntare tutto su Parigi e la terra rossa, due appuntamenti che potrebbero aiutarlo a dare linfa a una stagione fin qui sin troppo pallida, quasi esangue. Quindici minuti buoni, giusto per provare due o tre cose che potrebbero servirgli, sia contro Alcaraz, sia con Zverev, se il tedesco riuscirà a far leva sul proprio rovescio, che lo spagnolo ha mostrato sempre di gradire assai poco. Così, Jannik prova il cross potente su un allungo in corsa, con il dritto mirato sulle righe bianche, poi si preoccupa del ritmo degli scambi, altissimo come faceva il Djokovic di una volta. L’effetto su Lehecka è devastante, tale da spazzare via in pochi istanti qualsiasi pensiero di riscossa. Imitare il numero uno ci sta, ma non è esattamente come l’imitazione di Adriano Celentano, che sa fare tutta l’Italia. Sinner però ne dà una lettura credibile, e anche se nessuno potrebbe scambiarlo per Nole, certi colpi ti strappano il paragone dal cuore… "Visto? Qui sembrava davvero il Djoker!".

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Il resto vale come allenamento per l’attenzione, l’applicazione, la concentrazione. Ne servirà parecchia a Sinner nei prossimi confronti, chiunque possa essere l’avversario. E Jannik sembra preoccuparsi più di tenere le briglie a Lehecka, che non di quando sarà il momento buono per il break. Dà per scontato che quello si metterà a nudo senza particolari ritrosie, e così infatti accade, mentre preferisce distillare con certosino impegno la sua tenuta nelle fasi più banali del match, nelle quali il rischio di intorpidirsi è alto, e più ancora quello di dare per scontato che il più sia fatto e la vittoria non possa più sfuggirgli.

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Sinner strapazza Lehecka

Tra i due, inevitabilmente, il divario si allarga. I numeri finali presentano a Lehecka un conto salato: i vincenti di Jannik sono dodici, cinque gli errori non forzati, Lehecka risponde con 8/14 (ma le stats televisive segnalano che gli errori potrebbe essere molti di più, addirittura 35). Le differenze restano abissali sui punti ottenuti dopo aver servito la seconda palla (il 70% per Sinner, un modestissimo 38% per Lehecka) e sui punti a rete (77% contro il 44%). I break sono giunti sempre sul quarto game, dunque Sinner ha condotto il gioco da cima a fondo. Il ceco ha avuto solo una palla break, nel primo set, all’ottavo gioco e Jannik gliel’ha cancellata con un servizio vincente.

Jiri è più giovane di Sinner. Tre mesi. Viene da una famiglia di sportivi praticanti, mamma Romana ai suoi tempi fu atleta di un certo valore. I mesi di formazione trascorsi a Prostejov, la scuola di tutto il tennis slovacco, lo hanno dotato di un fisico di tutto rispetto, i muscoli risaltano sotto ogni centimetro quadrato di pelle. La scelta di Thomas Berdych è giunta di conseguenza. Lui, l’ex campione finalista negli Slam senza mai vincerne uno, e l’altro, l’allievo migliore delle ultime nidiate. La sconfitta con Sinner non cambierà i programmi di Lehecka, ma qualche dubbio lo mette a nudo. Per la quantità di game giocati senza costrutto, sommando colpi buoni ma senza poggiare su una strategia. Un tennis da manuale ma tanto per fare. Quello che giocava il suo illustre coach. "Jiri è un ottimo giocatore - gli dà una mano Jannik -. È in crescita, e si vede. Ci sono dei giorni in cui riesco a servire molto bene e altri dove invece faccio più fatica. È capitato nel 2° set, ma lavoro e in futuro sarà uno dei miei colpi migliori. Era un test impegnativo, e ora siamo alla stretta finale. Sono tranquillo, fiducioso. C’è anche mio padre qui. I suoi consigli riguardano la vita e sono sempre utili. Mi ha dato anche qualche dritta sul campo quando ero piccolo: mi diceva che la cosa più importante è avere il movimento corretto non dove va a finire la palla".

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