Giraudo al Tar, c'è la data: il ricorso fa tremare la giustizia sportiva

I legali dell'ex dirigente della Juventus hanno chiesto di rimettere alla Corte di Giustizia Europea la questione di incompatibilità della legge 280/2003: i dettagli

La battaglia legale di Antonio Giraudo, a quasi vent'anni dai fatti di Calciopoli, non è ancora conclusa. Il 12 marzo il Tar del Lazio si riunirà per pronunciarsi sulla richiesta, da parte dei legali dell'ex dirigente della Juventus, di rimettere alla Corte di Giustizia Europea la questione di incompatibilità della legge 280/2003, quella che disciplina la giustizia sportiva secondo il criterio della specificità dello sport, rispetto ai principi di diritto comunitario. Una legge che "conferisce un monopolio disciplinare alle federazioni sportive e impedisce al Tar di annullare o riformare le decisioni delle federazioni, violando così il principio generale di diritto Ue della 'tutela giurisdizionale effettiva'", hanno sottolineato gli avvocati Jean-Louis Dupont (lo stesso della sentenza Bosman, ndr) e Amedeo Rosboch in una nota del luglio scorso, in occasione della prima udienza che si è tenuta al Tar a Roma.

Giustizia sportiva da riformare?

Il verdetto del tribunale amministrativo regionale - a esprimersi sarà una sezione specializzata nelle questioni sportive e di diritto comunitario - al netto della causa intentata da Giraudo "per vedere accertata la responsabilità dello Stato italiano per i gravissimi danni e pregiudizi subiti", rischia di scuotere alcuni pilastri su cui si basa oggi la giustizia sportiva in Italia, a partire dalla clausola compromissoria. Se la Corte di Giustizia Europea dovesse riconoscere che la legge 280 del 2003 non garantisce al singolo individuo la tutela giurisdizionale effettiva il sistema potrebbe richiedere delle sostanziali riforme.

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Le parole di Rosboch

La giustizia sportiva per come è costruita da noi è un sistema chiuso a sé - spiega a LaPresse l'avvocato Rosboch -. Una persona ha il titolo di andare in ultima istanza al Tar non per chiedere un annullamento della sentenza ma solo per una tutela risarcitoria. La condanna sportiva rimane e se sei radiato rimani radiato, il problema è che non hai la possibilità di ricorrere a un giudice”. Nel caso in cui la Corte di Giustizia Europea dovesse pertanto dar ragione a Giraudo “lo Stato italiano - conclude l'avvocato - si dovrebbe adeguare e dovrebbe rivedere la legge sull'ordinamento sportivo inserendo delle garanzie e quindi la possibilità di ricorrere a un giudice”.

Il parere della Corte europea dei diritti dell'uomo

Giraudo, radiato dalla Federcalcio nel 2011 per le conseguenze di Calciopoli, ha ottenuto un primo parziale successo nel settembre 2021, quando la Corte europea dei diritti dell'uomo - che storicamente boccia circa il 90% delle richieste presentate - ha considerato ammissibile (senza entrare nel merito) il ricorso presentato nel marzo 2020 riconoscendogli la violazione dei diritti della difesa, a causa dei soli sette giorni concessi per leggere le oltre 7000 pagine di atti prodotti nel corso del procedimento sportivo, e la ragionevole durata del processo, trascinatosi per 13 anni.

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La settimana di Giraudo: al Tar per ribaltare la Giustizia sportiva

L'appuntamento del 12 marzo è dunque potenzialmente storico. Tra pochi giorni, infatti, Giraudo e i suoi legali potrebbero cambiare la Giustizia Sportiva con il loro ricorso. Tutto nasce dalla condanna subìta dall'ex dirigente della Juventus nei processi sportivi di Calciopoli: la radiazione.

Il ricorso parte dal presupposto che l'ordinamento sportivo italiano, regolato dalla legge 17 dell'ottobre 2003, non sia compatibile con l'ordinamento dell'Unione Europea, che è superiore a qualsiasi ordinamento. E sul tavolo ci saranno una serie di domande.

La radiazione, di fatto un ergastolo, non è da considerarsi in contrasto con il principio di proporzionalità della pena? E poiché rappresenta l'esclusione a vita dal settore del calcio professionistico, non lede il suo diritto fondamentale di poter lavorare?

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Ricorso di Giraudo potrebbe cambiare la giustizia sportiva

E ancora: la Giustizia Sportiva è un monopolio della Figc e del Coni, perché non è appellabile al di fuori dell'ordinamento sportivo e questo è in netto contrasto con molte sentenze europee, l'ultima delle quali è proprio quella del 21 dicembre riguardante l'Uefa e il caso Superlega. Nel suo lungo parere, la Corte di Giustizia nota l'anomalia del monopolio della giustizia.

Cosa può ottenere Giraudo? Non certo la riscrittura completa delle sentenze di Calciopoli, ma porre le basi per un ricorso contro la sua radiazione e un profondo ripensamento della giustizia sportiva. Questo in senso pratico, ma il riconoscimento anche solo di alcuni punti del ricorso sarebbe anche una vittoria morale sui temi di Calciopoli.

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La battaglia legale di Antonio Giraudo, a quasi vent'anni dai fatti di Calciopoli, non è ancora conclusa. Il 12 marzo il Tar del Lazio si riunirà per pronunciarsi sulla richiesta, da parte dei legali dell'ex dirigente della Juventus, di rimettere alla Corte di Giustizia Europea la questione di incompatibilità della legge 280/2003, quella che disciplina la giustizia sportiva secondo il criterio della specificità dello sport, rispetto ai principi di diritto comunitario. Una legge che "conferisce un monopolio disciplinare alle federazioni sportive e impedisce al Tar di annullare o riformare le decisioni delle federazioni, violando così il principio generale di diritto Ue della 'tutela giurisdizionale effettiva'", hanno sottolineato gli avvocati Jean-Louis Dupont (lo stesso della sentenza Bosman, ndr) e Amedeo Rosboch in una nota del luglio scorso, in occasione della prima udienza che si è tenuta al Tar a Roma.

Giustizia sportiva da riformare?

Il verdetto del tribunale amministrativo regionale - a esprimersi sarà una sezione specializzata nelle questioni sportive e di diritto comunitario - al netto della causa intentata da Giraudo "per vedere accertata la responsabilità dello Stato italiano per i gravissimi danni e pregiudizi subiti", rischia di scuotere alcuni pilastri su cui si basa oggi la giustizia sportiva in Italia, a partire dalla clausola compromissoria. Se la Corte di Giustizia Europea dovesse riconoscere che la legge 280 del 2003 non garantisce al singolo individuo la tutela giurisdizionale effettiva il sistema potrebbe richiedere delle sostanziali riforme.

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