Donne, nuovi media, gratis e fancom sono le quattro parole chiave per capire come si evolverà lo sport nel 2025, anno che porterà interessanti evoluzioni o possibili rivoluzioni. E quasi tutto gira intorno alla tecnologia, che sta cambiando sempre più radicalmente il tempo libero. Lo sport è stato, negli ultimi trent’anni, un pilastro della televisione, occupando e reggendo i palinsesti sia di quella in chiaro che di quella a pagamento. E questo, come tutti sanno (e non tutti apprezzano), ha avuto un impatto significativo sullo sport, che ha modificato regole ed abitudini per assecondare il formato televisivo.
Oggi il mezzo televisivo non è più l’unico e, anzi, sta diventando sempre meno rilevante, almeno nella sua veste tradizionale. Le piattaforme di streaming e i social network sono diventati canali progressivamente più potenti per far passare lo sport in varie forme, soprattutto per arrivare alle nuove generazioni, molto più attaccate allo smartphone che allo schermo televisivo (un adolescente degli Anni 80/90 passava davanti alla tv mediamente 15 ore alla settimana, un adolescente di oggi ne passa meno di 5 e, in compenso ne passa circa 17 davanti al cellulare). E questo è, che piaccia o meno, il nocciolo della rivoluzione che, nel prossimo quinquennio, travolgerà lo sport, come ha già fatto con il mondo del cinema, della musica, dello spettacolo e dell’informazione.
Contenuti brevi
Un esempio interessante di come sia ormai in corso la rivoluzione dei media digitali (siano piattaforme come Dazn, Netflix, Prime Video... o social network come Instagram, YouTube, TikTok...) arriva dal basket americano. La Nba, infatti, ha venduto, separatamente dalle gare, i contenuti digitali a Warner Bros Discovery, che aveva perso la trasmissione delle partite. Qualcuno ha parlato di premio di consolazione, non la Warner che è invece molto soddisfatta di quei diritti e la ragione è semplice: con quei contenuti oggi si fanno soldi facili. Quindi, i contenuti social valgono e sono importanti per veicolare lo sport ai giovani, ma devono avere la loro grammatica, diversa dal passato. E, in particolare, devono essere brevi. Se è parzialmente falsa la leggenda che i giovani non seguono più le partite intere, ma solo gli highlights, resta però verissimo il fatto che prediligano la rapidità del racconto, amino i riassunti più del live e che abbiano una soglia d’attenzione più bassa. Quindi: pillole veloci e divertenti, estratti in cui concentrare una giocata, esaltando un gesto tecnico, invece di 90’ di tattica (riflettano guardiolisti e affini). Tutto questo, peraltro, accelera una tendenza che cresce da una decina d’anni negli sport di squadra: la Generazione Z e quella Alfa sono sempre più legati ai personaggi e meno alle società. Si tifa per il campione, non per il club, insomma.
