Il voto al mercato del Torino – e dirlo è stranamente bello – questa volta lo danno, anzi lo fanno, le facce dei tifosi che ieri si sono dati appuntamento al Filadelfia per accogliere Duvan Zapata (il colpo che non si sarebbero mai aspettati) e – soprattutto – Alessandro Buongiorno: il giocatore che proprio per Zapata (più Soppy e 17 milioni) era stato venduto all’Atalanta ma il cui anomalo, romantico, granatissimo rifiuto ha ribaltato lo scenario. Su un piano morale, prima ancora che tecnico. Un no che è costato caro a Cairo, ma che rappresenta quanto di più caro una piazza frustrata e disillusa da anni e anni abbia ricevuto in dono.
E poiché siamo qui per giudicare i fatti finali e non le intenzioni iniziali - compresi i tentennamenti che per settimane hanno alimentato l’insoddisfazione di Juric e lo scoramento della tifoseria, conducendo al solito finale ansiogeno e un po’ improvvisato - sarebbe pretestuoso negare che questa sessione di mercato risulti una delle più confortanti in questa ormai diciottennale, quasi sempre disperante gestione societaria.
Toro, Zapata per il salto di qualità in attacco
Inutile fare un conto meramente numerico di quanti sono arrivati e quanti partiti: dei soggetti in questione contano la doti tecniche, il ruolo, la versatilità tattica, le attitudini caratteriali, le capacità di adattamento, la mentalità più o meno vincente, le condizioni fisiche. Ecco, se Zapata ha davvero trovato l’affidabilità atletica smarrita nelle ultime due stagioni, l’attacco del Toro è atteso a un salto di qualità inedito da anni; forse anche dal pre Belotti, centravanti che pure al top del suo fulgore agonistico giocava sostanzialmente da solo, cosa che adesso non dovrebbe più accadere. Peraltro, la gente granata sogna con la bava alla bocca di rivedere - vivaddio - un Toro a due punte. Vere. L’arrivo di Soppy, unito all’acquisto di Bellanova e al rientro di Lazaro, dopo le partenze di Aina e Singo ha rimescolato - probabilmente in meglio - le fasce.