Simulatori, cascatori, artisti di tuffo e pantomima: Barella non è il solo

Giornata nera per i fischietti italiani, maltrattati dai presidenti e ingannati dai simulatori, categoria che, malgrado fiumi di parole, vanta una lunghissima tradizione mai estinta

TORINO - Berardi stava fermo, paralizzato dal dolore. Barella si rotolava, premiato dall’arbitro. Berardi in lacrime, agonia sua e del Sassuolo. Barella con gioia, rigore-gol e abbracci fino allo scudetto. Berardi e Barella campioni d’Europa nel 2021: il link azzurro che unisce tutto, anche le contraddizioni. Vicini per la Nazionale. Distanti per il resto. All’opposto: uno s’è fatto male davvero, l’altro ha simulato. Se ne è parlato abbastanza, ma non tanto. Di Berardi quasi nulla. Di Barella il giusto, ma le sue capriole sono passate in secondo piano rispetto all’errore dell’arbitro Ayroldi. Che, per la cronaca, è stato sospeso al pari di Marchetti (Torino-Fiorentina) e Di Bello (Lazio-Milan). Convocati d’urgenza dal designatore Rocchi, ieri gli arbitri hanno affidato a una terapia di gruppo il loro destino. Si sentono offesi e non protetti. Innanzitutto dalla Lega, che non si oppone alla caccia al fischietto maledetto. E anche dalla Federazione, troppo soffice quando ascolta le dichiarazioni fiammeggianti di Lotito e De Laurentiis o la strategia verbale più felpata ma comunque ben congegnata di Cairo. Sia Lega che Federazione, peraltro, indicano Nba e Premier League come esempi per il calcio italiano. Discorsi già sentiti da quasi venti anni…

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Più recente - ottobre 2023 - la battaglia anti-simulazioni introdotta dal basket americano. Al via della stagione, attenzione a quel che recita una nuova regola: “Gli arbitri dovranno cercare di distinguere tra ‘movimenti secondari, teatrali ed esagerati’ e normali conseguenze di un contatto”. L’idea dell’Nba è chiara: basta simulazioni, niente più tuffi e capriole, pena un “fallo tecnico” che però è un provvedimento senza simili nel calcio. Si potrebbe spolverare la vecchia “prova tv”, andata in disuso, se non fosse che il Var è (sarebbe) già prova tv in sé.

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Quanti "cascatori" in Serie A

Chiariamo: Barella non è solo. Anzi, la storia del calcio offre centinaia di esempi che gli fanno compagnia. A memoria e senza googlare, c’è il volo biondo di Krasic nel 2011 in quel Bologna-Juventus finito 0-0 grazie al rigore poi neutralizzato da Viviano. A proposito di portieri, impossibile dimenticare il milanista Dida numero 1 di simulazione nel 2008 a Glasgow. Ce n’è per tutti i gusti. E non vale la pena accanirsi ad elencarli, anche se qualche episodio merita davvero, se non altro per originalità. In Cagliari-Inter di questo campionato, il giovane Luvumbo ha tentato di simulare un fallo subito da Cuadrado, che del settore è… professore. Hanno poco da farsi insegnare anche Dybala e Chiesa, che però appartengono alla categoria di quelli che “non fanno niente per evitare il contatto”. Quindi si salva con nome “furbizia”, non simulazione. Oppure ci sono quelli che “hanno avuto paura”, tipo Holm che si sente colpito al volto anche se il calcio di Giroud era sotto l’ascella. Quella sera, al temine di Milan-Atalanta, il buon Pioli provò a dire che “l’arbitro non sarebbe andato al Var se il giocatore avesse evitato le mani in faccia”. Vero. Ma non è la prima, né sarà l’ultima volta. Purtroppo.

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La sceneggiata di Faraoni in Juve-Verona

A causa dell’indimenticabile buffonata di Busquets nella semifinale Champions 2010, il bravo Thiago Motta saltò la finale del Triplete interista, non una partita qualsiasi. E si capisce perchè oggi raccomandi ai giovanotti del Bologna di evitare sceneggiate. Che poi, sinceramente, un qualsiasi allenatore sarebbe in grado di rinunciare a un rigore denunciando una simulazione del suo giocatore? La domanda resta in sospeso, perché non esiste un’unica risposta né un comportamento scolpito nella pietra, diciamo così. Tutti prima o poi si ritrovano dalla parte del simulato o del simulatore, anche per “colpa” del calciomercato. Prendete l’esperto Faraoni, per esempio. Sfiorato da una ditata di Kean, va giù con le mani in faccia. L’azione prosegue, lui si tira su per vedere come va a finire. Gol! Meglio svenire un’altra volta. Dal Verona è passato alla Fiorentina. Che succederebbe se dovesse comportarsi allo stesso modo nel personalissimo “scontro diretto”, Verona-Fiorentina in calendario a maggio? Che gli direbbe il suo ex allenatore Baroni? Altre domande che restano in sospeso…

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Convenienza e sincerità

In perenne sospensione tra convenienza e sincerità ci sono poi i giudizi di moviolisti professionisti e dilettanti. Quindi gli esperti del settore e non i tifosi, che è risaputo sventolano giudizi soffiando sul vento delle loro bandiere. Anche i commentatori, bisogna ammetterlo, esercitano il diritto di sfruttare le zone grigie per traslocare le opinioni da una parte all’altra. Acerbi su Osimhen non era rigore, Nonge su Osimhen sì. Sulla stessa piazzola d’area, inquadrata dalla stessa telecamera, il giudizio arbitrale si è avvalso della facoltà di intensità del pestone. Solo l’attaccante nigeriano ha brillato per coerenza: è caduto allo stesso modo. Non ha accentuato di più o di meno. Magari non ha proprio accentuato. È proprio vero che il mondo del calcio non sembra pronto per la sincerità, né mai lo sarà. Un presidente di nuova generazione, che nella vita professionale opera in scienza&coscienza ed ha purtroppo più dimestichezza con le barelle anziché con Barella, insomma il professor Zangrillo al rigore dell’Inter ha ripiegato su se stessa la poltroncina della tribuna d’onore e se n’è andato da San Siro. “Gli arbitri fanno un mestiere delicato, ma non sono aiutati. Sono tratti in inganno da calciatori che piroettano come pagliacci fingendo traumi inesistenti”, ha poi dichiarato, con una diagnosi appropriata da medico, oltre che da presidente del Genoa. Barella, ancora Barella…

Che poi, ripartendo dal link azzurro con Berardi, viene spontaneo ripensare a un gol guarda caso di Barella all’Europeo, quarti di finale contro il Belgio. Quando segna il centrocampista, tutta Italia esulta senza preoccuparsi di Immobile stramazzato in area, aspettando il Var. Appena arriva il gol, Immobile resuscita e va ad abbracciare il compagno. I commentatori internazionali ironizzano o criticano. Noi diciamo “vabbè…”, perché coerenza e convenienza sono parole che un po’ si assomigliano. Ma hanno poco in comune. In comune, dapp ertutto e in Ita lia anch e di più , c’è la caccia all’arbi tro, cau sa di og ni male e attore di ogni errore. Ed è indiscutibile che le prestazioni dell’ultima giornata abbiano dato buona mira al plotone d’esecuzione contro il designatore Rocchi e i suoi soldatini. Ma dire che la colpa è tutta loro anziché dei calciatori, significa confondere causa ed effetto. Nello specifico delle simulazioni: la causa è la sceneggiata del giocatore; l’errore arbitrale ne diventa l’effetto. E forse ce lo ha insegnato più Berardi che Barella.

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