La sceneggiata di Faraoni in Juve-Verona
A causa dell’indimenticabile buffonata di Busquets nella semifinale Champions 2010, il bravo Thiago Motta saltò la finale del Triplete interista, non una partita qualsiasi. E si capisce perchè oggi raccomandi ai giovanotti del Bologna di evitare sceneggiate. Che poi, sinceramente, un qualsiasi allenatore sarebbe in grado di rinunciare a un rigore denunciando una simulazione del suo giocatore? La domanda resta in sospeso, perché non esiste un’unica risposta né un comportamento scolpito nella pietra, diciamo così. Tutti prima o poi si ritrovano dalla parte del simulato o del simulatore, anche per “colpa” del calciomercato. Prendete l’esperto Faraoni, per esempio. Sfiorato da una ditata di Kean, va giù con le mani in faccia. L’azione prosegue, lui si tira su per vedere come va a finire. Gol! Meglio svenire un’altra volta. Dal Verona è passato alla Fiorentina. Che succederebbe se dovesse comportarsi allo stesso modo nel personalissimo “scontro diretto”, Verona-Fiorentina in calendario a maggio? Che gli direbbe il suo ex allenatore Baroni? Altre domande che restano in sospeso…
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Convenienza e sincerità
In perenne sospensione tra convenienza e sincerità ci sono poi i giudizi di moviolisti professionisti e dilettanti. Quindi gli esperti del settore e non i tifosi, che è risaputo sventolano giudizi soffiando sul vento delle loro bandiere. Anche i commentatori, bisogna ammetterlo, esercitano il diritto di sfruttare le zone grigie per traslocare le opinioni da una parte all’altra. Acerbi su Osimhen non era rigore, Nonge su Osimhen sì. Sulla stessa piazzola d’area, inquadrata dalla stessa telecamera, il giudizio arbitrale si è avvalso della facoltà di intensità del pestone. Solo l’attaccante nigeriano ha brillato per coerenza: è caduto allo stesso modo. Non ha accentuato di più o di meno. Magari non ha proprio accentuato. È proprio vero che il mondo del calcio non sembra pronto per la sincerità, né mai lo sarà. Un presidente di nuova generazione, che nella vita professionale opera in scienza&coscienza ed ha purtroppo più dimestichezza con le barelle anziché con Barella, insomma il professor Zangrillo al rigore dell’Inter ha ripiegato su se stessa la poltroncina della tribuna d’onore e se n’è andato da San Siro. “Gli arbitri fanno un mestiere delicato, ma non sono aiutati. Sono tratti in inganno da calciatori che piroettano come pagliacci fingendo traumi inesistenti”, ha poi dichiarato, con una diagnosi appropriata da medico, oltre che da presidente del Genoa. Barella, ancora Barella…
Che poi, ripartendo dal link azzurro con Berardi, viene spontaneo ripensare a un gol guarda caso di Barella all’Europeo, quarti di finale contro il Belgio. Quando segna il centrocampista, tutta Italia esulta senza preoccuparsi di Immobile stramazzato in area, aspettando il Var. Appena arriva il gol, Immobile resuscita e va ad abbracciare il compagno. I commentatori internazionali ironizzano o criticano. Noi diciamo “vabbè…”, perché coerenza e convenienza sono parole che un po’ si assomigliano. Ma hanno poco in comune. In comune, dapp ertutto e in Ita lia anch e di più , c’è la caccia all’arbi tro, cau sa di og ni male e attore di ogni errore. Ed è indiscutibile che le prestazioni dell’ultima giornata abbiano dato buona mira al plotone d’esecuzione contro il designatore Rocchi e i suoi soldatini. Ma dire che la colpa è tutta loro anziché dei calciatori, significa confondere causa ed effetto. Nello specifico delle simulazioni: la causa è la sceneggiata del giocatore; l’errore arbitrale ne diventa l’effetto. E forse ce lo ha insegnato più Berardi che Barella.