Gli allenatori possono incidere per limitare i danni della “mondialite”?
«Non è facile. Puoi provare a insistere sul fatto che se non ti impegni è peggio perché rischi di farti male se fai uno scatto all’improvviso, se vai morbido su un contrasto e ti si girala la caviglia. Questo è un escamotage da furbi, non da motivatori. Oppure puoi provare a far leva sull’importanza e sulla professionalità, fermo restando che l’impresa sarebbe dura anche per il numero uno dei motivatori, pure per re Leonida... I calciatori si sentono non a pochi giorni dal mondiale, ma a 90 minuti!».
Interessante rivedere, ancora, Sarri a Torino. Con Allegri di nuovo tecnico dei bianconeri. Il fallimento dei sogni di sarriball insegna qualcosa?
«Io espressi una opinione a Gasperini, che si piccò… Più avanti feci una domanda a Sarri: “Mi dà l’idea che tu abbia più voglia di allenare un gruppo già con qualità, certo, ma con giocatori non ancora campioni e invece plasmabili a tua immagine e somiglianza, che ti diano piena disponibilità. E’ così?”. Mi diede ragione. Perché spesso i campioni, anche un po’ per il tuo curriculum se non vieni da grandi esperienze, magari non ti seguono. E allora ti devi adattare. Come è successo a Sarri al Chelsea. Lui era avvelenato, ma alla fine facendo un ibrido ha vinto l’Europa League. Lo stesso alla Juventus: ci è andato contento, pensando che gli avrebbero rivoluzionato tutto. Ma non lo fecero e infatti non abbiamo visto il sarrismo. La rosa non aveva le caratteristiche giuste: a centrocampo mancava tecnica, Sarri doveva giocare con Matuidi che è diverso da Hamsik… Sarri è un allenatore da Lazio, che infatti vola giocando con Cancellieri, con Marcos Antonio, con il ragazzino Romero… Ma vedi che nei movimenti c’è uno spartito. Quando c’è addestramento, ci sono soluzioni. Sarri in questo è un maestro. Come lo è nel far crescere i giocatori. Ora, però, deve migliorare in Europa: niente lamentele sulle partite ravvicinate, perché se vuoi allenare le squadre migliori, devi giocare ogni tre giorni».