Collegio di garanzia: quella sentenza del 2016 che “condanna” il -15 Juve

Mercoledì il massimo organo di giustizia si esprimerà sulla sentenza della Corte federale che ha dribblato il reato amministrativo contestato in origine

TORINO - Attenzione, attenzione. C’è un precedente che può fare mooooolto comodo, alla Juventus. Oltre che - come consuetudine - giurisprudenza. Trattasi di una sentenza datata 2016 (la numero 49, per la precisione, del Collegio di garanzia dello sport presso il Coni). Una sentenza che potrebbe tornare d’attualità mercoledì prossimo quando - per l’appunto al Collegio di garanzia dello sport presso il Coni - si deciderà in merito alla legittimità, o meno, del -15 inflitto alla Juventus nel processo plusvalenze. E ancora non basta, perché la sentenza in questione potrebbe tornare utilissima anche nell’altra inchiesta in cui è coinvolta la Juventus, fresca di notifica di chiusura indagini: quella su manovra stipendi, rapporti con procuratori, partnership opache con altri club. Ebbene, come noto, anche nei giorni scorsi abbiamo raccontato le perplessità delle difese in merito al fatto che la Juventus e alcuni suoi attuali o passati dirigenti siano stati condannati ai sensi dell’articolo 4 “per mancata lealtà sportiva” anziché ai sensi dell’articolo 31, comma uno, per illeciti amministrativi. Detto male: se ciò che mi contesti sono illeciti amministrativi, punibili con ammenda, perché tiri dentro la slealtà? Solo per potermi togliere punti in classifica? Le difese, tra i vari punti del ricorso al Collegio, sottolineano proprio il “principio di specialità” per cui nel giusto processo una norma specifica ha la meglio su una di carattere generale.

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Juve, la sentenza del 2016 e il colpo di scena

E dove sta il colpo di scena (sia pure retrodatato 2016)? Beh, sta nel fatto che... il Collegio di garanzia concorda con la Juve. O quantomeno sulla stessa linea di pensiero s’era espresso: “...la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità, imposti dall’art. 1 bis non deve risolversi necessariamente nella violazione di altre prescrizioni, ma, proprio per l’elasticità dei parametri valutativi, ha il suo precipuo ambito applicativo là dove non si ravvisa qualche specifico inadempimento dei doveri previsti dall’ordinamento sportivo. Essa, dunque, configura una ipotesi residuale di responsabilità”. Posto che quello che nel 2016 era l’articolo 1 bis oggi è l’articolo 4 e traducendo dal “legalese”, tutto diventa (si spera...) più chiaro: il Collegio sosteneva che se c’è una norma specifica non si può applicare il generale divieto di slealtà sportiva, che ha solo carattere residuale. E da chi era composta la seconda sezione del collegio di garanzia che aveva redatto e firmato quella sentenza e affermato quel principio? Tra gli altri da Gabriella Palmieri, attuale presidente del Collegio di Garanzia dello Sport, e da Attilio Zimatore, presidente della seconda sezione (competente in materia di questioni disciplinari). Entrambi dovranno decidere in merito alla Juve, mercoledì. Peraltro anche nel filone uno e trino su manovra stipendi, rapporti con procuratori, partnership con altri club i bianconeri sono a rischio deferimento ai sensi dell’articolo 4. E non dell’articolo 31.

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TORINO - Attenzione, attenzione. C’è un precedente che può fare mooooolto comodo, alla Juventus. Oltre che - come consuetudine - giurisprudenza. Trattasi di una sentenza datata 2016 (la numero 49, per la precisione, del Collegio di garanzia dello sport presso il Coni). Una sentenza che potrebbe tornare d’attualità mercoledì prossimo quando - per l’appunto al Collegio di garanzia dello sport presso il Coni - si deciderà in merito alla legittimità, o meno, del -15 inflitto alla Juventus nel processo plusvalenze. E ancora non basta, perché la sentenza in questione potrebbe tornare utilissima anche nell’altra inchiesta in cui è coinvolta la Juventus, fresca di notifica di chiusura indagini: quella su manovra stipendi, rapporti con procuratori, partnership opache con altri club. Ebbene, come noto, anche nei giorni scorsi abbiamo raccontato le perplessità delle difese in merito al fatto che la Juventus e alcuni suoi attuali o passati dirigenti siano stati condannati ai sensi dell’articolo 4 “per mancata lealtà sportiva” anziché ai sensi dell’articolo 31, comma uno, per illeciti amministrativi. Detto male: se ciò che mi contesti sono illeciti amministrativi, punibili con ammenda, perché tiri dentro la slealtà? Solo per potermi togliere punti in classifica? Le difese, tra i vari punti del ricorso al Collegio, sottolineano proprio il “principio di specialità” per cui nel giusto processo una norma specifica ha la meglio su una di carattere generale.

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