Pragmatismo sì, vivacchiare no. La Juve è la Juve

L'editoriale del Direttore Guido Vaciago sulla situazione del club bianconero

Il pragmatismo è cosa molto juventina, in campo e fuori. Maurizio Scanavino è quindi coerente con l’asciutta attitudine gobba nel preferire il contenuto alla confezione e senza molti fronzoli spiattella la verità al popolo bianconero, nella sua prima intervista programmatica concessa a Sky. Non promette lacrime e sangue, ma mette in conto alla già stressatissima gente della Juve che, dopo i problemi con la giustizia sportiva, il club dovrà inevitabilmente affrontare quelli economici, in virtù dei quali invita più volte a tenere i piedi per terra.

Juventus, il morale basso dei tifosi bianconeri

In realtà è un rischio che i tifosi della Juventus non corrono, quello di volare sulle ali dell’ottimismo, dopo due stagioni deprimenti e l’ultima terrificante sequenza di eventi giudiziari: un combinato disposto che, fra partite orrende e bastonate in tribunale, ha affievolito l’entusiasmo. È comprensibile. Anzi andrebbe davvero compreso da parte di chi, oggi, governa la Juventus, perché è sottile il confine fra pragmatismo e basso profilo e la Juventus non può permettersi di sconfinare. Non tanto per l’idea del vincere è l’unica cosa che conta, ma per l’onore del club, garantito negli ultimi cento anni dalla famiglia Agnelli.

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Sono stati mesi difficili, nei quali la gente bianconera ha subito l’onta di campagne mediatiche pesanti all’insegna della presunzione di colpevolezza della Juventus, creando un clima tossico in cui il tifoso si è sentito abbandonato e indifeso. Lo stesso tifoso che martedì ha visto spuntare dal nulla, sui siti spagnoli, la notizia che la Juventus abbandonava la Superlega, attendendo quasi quattro ore prima che un comunicato in politichese dovesse, un po’ mestamente, ammetterne la veridicità. E, ancora una volta, si è sentito sperso: il progetto Superlega è stato sempre raccontato non come un capriccio di Andrea Agnelli, ma come un’idea ampiamente condivisa da John Elkann, convinto che il modello di business di calcio europeo necessiti di una profonda revisione per conservare appeal e sostenibilità.

Juventus, la decisione di abbandonare la Superlega

Se fosse vero che l’abiura alla Superlega è «scorrelata» dai problemi di giustizia con l’Uefa, come dice Scanavino, allora perché viene accartocciato un piano in cui si era tanto creduto, oltretutto a una manciata di settimane dalla pronuncia della Corte di Giustizia Europea. Anche perché i tifosi, e non solo loro, hanno capito benissimo e da tempo che quello era il peccato originale fatto scontare negli ultimi mesi e, d’altronde, la stessa Uefa ha sempre fatto sapere in tutti i modi, anche dichiarandolo apertis verbis, che con l’abbandono della tanto odiata (da Ceferin) Superlega, ci sarebbe stato un trattamento più morbido da parte della giustizia. Da questo punto di vista, l’abbandono della Superlega si può anche rappresentare come l’ennesima decisione pragmatica, all’insegna della realistica scelta del male minore, ma è difficile anche non intravederci un avvilente inchino, la rinuncia a una battaglia che era sempre stata raccontata come “giusta” ai tifosi.

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Anche la conferma di Massimiliano Allegri sulla panchina è una scelta sul confine. La Juventus non è club umorale nelle decisioni che contano, ma pragmatismo per pragmatismo, vale la pena ricordare che, nell’ultimo campionato, la squadra ha perso dieci partite e segnato appena 56 gol: per trovare una performance peggiore bisogna tornare alla disastrosa stagione 2009-2010 con Ciro Ferrara e poi Alberto Zaccheroni in panchina (15 sconfitte e 55 gol).

Juventus, la stagione fallimentare

E che mai la Juventus aveva perso cinque partite su sei del girone di Champions League. E che la performance della scorsa stagione non differisce molto (10 sconfitte e 57 gol fatti). E che in due anni i tifosi della Juventus non si sono praticamente mai divertiti, soffrendo smisuratamente anche quando la squadra ha vinto. Nel frattempo il parco giocatori ha perso valore e alcuni acquisti costati moltissimo, Vlahovic e Chiesa su tutti, oggi hanno subito una svalutazione importante.
 
 

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Allegri uomo giusto per la rinascita?

È triste pensare che il «bomber che avrebbe garantito dieci anni», pagato 80 milioni, oggi rischia di essere ceduto a una cifra inferiore (l’unico vantaggio sarà che la minusvalenza non irriterà la sensibilità del procuratore Chiné). Allegri può anche essere l’uomo giusto per la rinascita, perché come sostiene Giuntoli, «non può mica essere diventato scarso tutto d’un colpo» e resta un vincente (e uno juventino), tuttavia non si può sostenere che «sul campo si è operato bene», perché è il caso di tenere sempre a mente cos’è la Juventus e che, quindi, si è operato piuttosto male per gli standard del club, nonostante il terzo posto virtuale. Anche alla luce degli ultimi poco edificanti episodi che vedono l’allenatore litigare con un dirigente, segnale di una spaccatura che che in questo momento la Juventus non si può permettere. La Juventus ha intrapreso una lunga e ventosa strada di ricostruzione, la nuova dirigenza deve giustamente badare al sodo, ma deve ricordare sempre di essere la Juventus che significa un mucchio di cose, non solo il sano pragmatismo sabaudo.

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Il pragmatismo è cosa molto juventina, in campo e fuori. Maurizio Scanavino è quindi coerente con l’asciutta attitudine gobba nel preferire il contenuto alla confezione e senza molti fronzoli spiattella la verità al popolo bianconero, nella sua prima intervista programmatica concessa a Sky. Non promette lacrime e sangue, ma mette in conto alla già stressatissima gente della Juve che, dopo i problemi con la giustizia sportiva, il club dovrà inevitabilmente affrontare quelli economici, in virtù dei quali invita più volte a tenere i piedi per terra.

Juventus, il morale basso dei tifosi bianconeri

In realtà è un rischio che i tifosi della Juventus non corrono, quello di volare sulle ali dell’ottimismo, dopo due stagioni deprimenti e l’ultima terrificante sequenza di eventi giudiziari: un combinato disposto che, fra partite orrende e bastonate in tribunale, ha affievolito l’entusiasmo. È comprensibile. Anzi andrebbe davvero compreso da parte di chi, oggi, governa la Juventus, perché è sottile il confine fra pragmatismo e basso profilo e la Juventus non può permettersi di sconfinare. Non tanto per l’idea del vincere è l’unica cosa che conta, ma per l’onore del club, garantito negli ultimi cento anni dalla famiglia Agnelli.

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