Sono stati mesi difficili, nei quali la gente bianconera ha subito l’onta di campagne mediatiche pesanti all’insegna della presunzione di colpevolezza della Juventus, creando un clima tossico in cui il tifoso si è sentito abbandonato e indifeso. Lo stesso tifoso che martedì ha visto spuntare dal nulla, sui siti spagnoli, la notizia che la Juventus abbandonava la Superlega, attendendo quasi quattro ore prima che un comunicato in politichese dovesse, un po’ mestamente, ammetterne la veridicità. E, ancora una volta, si è sentito sperso: il progetto Superlega è stato sempre raccontato non come un capriccio di Andrea Agnelli, ma come un’idea ampiamente condivisa da John Elkann, convinto che il modello di business di calcio europeo necessiti di una profonda revisione per conservare appeal e sostenibilità.
Juventus, la decisione di abbandonare la Superlega
Se fosse vero che l’abiura alla Superlega è «scorrelata» dai problemi di giustizia con l’Uefa, come dice Scanavino, allora perché viene accartocciato un piano in cui si era tanto creduto, oltretutto a una manciata di settimane dalla pronuncia della Corte di Giustizia Europea. Anche perché i tifosi, e non solo loro, hanno capito benissimo e da tempo che quello era il peccato originale fatto scontare negli ultimi mesi e, d’altronde, la stessa Uefa ha sempre fatto sapere in tutti i modi, anche dichiarandolo apertis verbis, che con l’abbandono della tanto odiata (da Ceferin) Superlega, ci sarebbe stato un trattamento più morbido da parte della giustizia. Da questo punto di vista, l’abbandono della Superlega si può anche rappresentare come l’ennesima decisione pragmatica, all’insegna della realistica scelta del male minore, ma è difficile anche non intravederci un avvilente inchino, la rinuncia a una battaglia che era sempre stata raccontata come “giusta” ai tifosi.