Allegri e lo spogliatoio Juve: i fedelissimi e i rapporti da ricucire

L’annata difficile ha lasciato dei segni: risultati, tensioni esterne e gioco hanno creato attriti

Quel botta e risposta dopo l’eliminazione dall’Europa League, con le critiche di Szczesny e la replica di Allegri - «Dopo le partite bisognerebbe stare zitti», era rimasto sospeso come un pallone vagante in area rigore: pericoloso. Szczesny lo ha bloccato e rinviato: «Siamo molto amici, lo rispetto perché è capace di dirmi cose che nessun altro farebbe - ha detto del tecnico a Canal Plus Sport Polonia - siamo anche vicini di casa da quando mi sono trasferito a Torino quindi direi che è un mio grande amico». D’altra parte il portiere è sempre stato tra i fedelissimi di Allegri, che due anni fa, al ritorno alla Juve, disse ai dirigenti che per lui non c’era bisogno di provare a prendere Donnarumma a parametro zero.

Ricordate lo sgabello di Porto?

Quell’attrito di fine maggio è stato una delle frizioni che possono capitare tra giocatore e allenatore. Proverbiali i diverbi tra Platini e Trapattoni sull’atteggiamento della Juve anni ‘80, la rissa sfiorata tra Vieri e Lippi nel 1997 e, per tornare a protagonisti attuali, la lite tra Allegri e Bonucci culminata con “lo sgabello di Porto” nel 2017. Tutte tensioni che non impedirono ai protagonisti di vincere assieme: perché sempre ricomposte, in più o meno tempo. Ecco, l’uscita di Szczesny è importante perché può dare il là a un processo di ricomposizione e riaggregazione tra Allegri e una parte del gruppo di cui c’è bisogno, perché l’ultima tremenda stagione ha lasciato strascichi anche nei rapporti. E ci sarebbe da stupirsi del contrario, visti i risultati al di sotto delle aspettative e visto l’enorme surplus di tensioni generato dalle vicende giudiziarie della società. Un surplus di tensioni che, dopo le dimissioni in blocco della dirigenza, tecnico e giocatori si sono trovati ad affrontare praticamente da soli, con una sovraesposizione di Allegri. A tutto questo si sono poi aggiunte problematiche individuali o di reparto.

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I fedelissimi di Allegri

Di un reparto, fondamentalmente: la Juventus in fase offensiva ha prodotto poco e questo non aiuta a rendere felici gli attaccanti. Alcuni, Milik e Kean, sono comunque tra i fedeli di Allegri: guidati dal capitano Danilo, da Rabiot che anche in virtù della permanenza del tecnico sta valutando se restare, e dei quali fanno parte, con più o meno “fervore”, Locatelli, i giovani lanciati nel corso della stagione, la “vecchia guardia” come Pogba (al di là di qualche discussione sulla gestione dell’infortunio) e Bonucci. Non ne fanno parte, invece, Dusan Vlahovic e Federico Chiesa: è tra loro e Allegri che c’è un rapporto da rinsaldare, logorato da quanto esposto finora e non solo.

Chiesa-Vlahovic, rapporto da ricucire

Con entrambi il tecnico è martellante nel richiedere miglioramenti tecnici e di letture e nel contesto non facile della Juve dell’ultima stagione, più difficile che mai per i due giocatori in questione, alle prese con problemi fisici importanti che ne hanno intaccato rendimento e umore, l’insistenza ha finito col diventare per loro fastidiosa. Specie in rapporto a una manovra che non offriva le opportunità che desideravano. Per Chiesa, poi, si è aggiunto il problema tattico: pensata con un 4-3-3 da cui doveva essere esaltato, in assenza sua e degli altri big la Juventus ha trovato equilibrio con il 3-5-2. Equilibrio che, dopo le prove primaverili di tridente, Allegri ha preferito conservare: ne ha fatto le spese soprattutto Chiesa, tra panchine e utilizzo a tutta fascia, ruolo in cui lui poteva sacrificarsi e Di Maria no. Il Fideo non c’è più e, anche in caso di conferma del modulo, l’azzurro giocherebbe da seconda punta: almeno quel nodo è sciolto. Il mercato potrebbe rendere superfluo districare gli altri, ma Chiesa e Vlahovic, o uno dei due, potrebbero restare e sarebbe sicuramente un bene: allora una delle priorità, di loro stessi, di Allegri e della dirigenza, sarà raccogliere il lancio di Szczesny e cancellare gli attriti.

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Quel botta e risposta dopo l’eliminazione dall’Europa League, con le critiche di Szczesny e la replica di Allegri - «Dopo le partite bisognerebbe stare zitti», era rimasto sospeso come un pallone vagante in area rigore: pericoloso. Szczesny lo ha bloccato e rinviato: «Siamo molto amici, lo rispetto perché è capace di dirmi cose che nessun altro farebbe - ha detto del tecnico a Canal Plus Sport Polonia - siamo anche vicini di casa da quando mi sono trasferito a Torino quindi direi che è un mio grande amico». D’altra parte il portiere è sempre stato tra i fedelissimi di Allegri, che due anni fa, al ritorno alla Juve, disse ai dirigenti che per lui non c’era bisogno di provare a prendere Donnarumma a parametro zero.

Ricordate lo sgabello di Porto?

Quell’attrito di fine maggio è stato una delle frizioni che possono capitare tra giocatore e allenatore. Proverbiali i diverbi tra Platini e Trapattoni sull’atteggiamento della Juve anni ‘80, la rissa sfiorata tra Vieri e Lippi nel 1997 e, per tornare a protagonisti attuali, la lite tra Allegri e Bonucci culminata con “lo sgabello di Porto” nel 2017. Tutte tensioni che non impedirono ai protagonisti di vincere assieme: perché sempre ricomposte, in più o meno tempo. Ecco, l’uscita di Szczesny è importante perché può dare il là a un processo di ricomposizione e riaggregazione tra Allegri e una parte del gruppo di cui c’è bisogno, perché l’ultima tremenda stagione ha lasciato strascichi anche nei rapporti. E ci sarebbe da stupirsi del contrario, visti i risultati al di sotto delle aspettative e visto l’enorme surplus di tensioni generato dalle vicende giudiziarie della società. Un surplus di tensioni che, dopo le dimissioni in blocco della dirigenza, tecnico e giocatori si sono trovati ad affrontare praticamente da soli, con una sovraesposizione di Allegri. A tutto questo si sono poi aggiunte problematiche individuali o di reparto.

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