Juventus e Francia: Rabiot e Pogba, testa e croce per Allegri e Deschamps

Mentre il Polpo incappa nell’ennesimo problema, il centrocampista mancino conferma il suo status di insostituibile in bianconero e in nazionale

Due anni e mezzo sono un periodo gigantesco, quasi eterno per un giovane che a 21 anni ha fatto la sua prima apparizione in nazionale per poi cadere nel dimenticatoio giusto prima del Mondiale vinto dalla Francia nel 2018. Quella di Adrien Rabiot è una storia di riscatto nel lungo termine. Un riscatto assoluto in quanto oggi il centrocampista mancino della Juventus rappresenta un pilastro della nazionale di Didier Deschamps, che con lui come traino è arrivata a sfiorare la vittoria ai Mondiali di Qatar. E, adesso, punta alla qualificazione a Euro 2024 per riscattarsi dopo la brutta figura dell’estate del 2021, quando la Svizzera scacciò i campioni iridati agli ottavi di finale.

In quella precisa occasione Rabiot aveva giocato tutti i 120 minuti, una prova dell’acquisizione definitiva di uno status di pretoriano per il selezionatore francese, il quale lo aveva messo ai margini del suo progetto dal 27 marzo 2018 al 5 settembre 2020. I vari contenziosi con il Paris Saint Germain, che ne limitarono l’impiego da titolare, e il lento adattamento alla nuova avventura italiana avevano messo la mezzala classe ‘95 fuori dal radar di Deschamps, che però non aveva mai smesso di allungare la coda dell’occhio verso la sua amata squadra bianconera, da lui sempre definita come realtà top.

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Rabiot, il cavallo della Juve e della Francia

Tre anni esatti dopo quel ritorno così agognato, Rabiot è adesso un giocatore cruciale per Deschamps, che lo ha designato titolare assoluto, rimanendo folgorato dalla sua tenuta atletica e anche dalla sua capacità di inserimento, qualcosa che lo rende un unicum in una mediana dove gli altri elementi spiccano più per il loro gioco di posizione. Eccezion fatta per Eduardo Camavinga, un autentico jolly molto dinamico ma comunque non eccessivamente offensivo, i convocati per le sfide contro l’Irlanda e la Germania - la prima delle quali è valida per il turno di qualificazione all’Euro 2024 - sono tutti elementi statici. Tchouameni, Seko Fofana e Boubakar Kamara, infatti, non posseggono l’elettricità dello juventino, il quale inoltre può anche venire usato sull’out mancino come stantuffo, viste le sue provate qualità atletiche.

Per Rabiot, l’essere diventato un perno fondamentale della Francia, di una delle nazionali più solide del pianeta, è senza dubbio una rivincita assoluta dopo due anni e mezzo di ostracismo. Le bizze di mamma Veronique e il suo lento ritorno a una normale attività agonistica avevano influito sulle scelte di Deschamps, il quale però aveva anche chiusa la casella di interno sinistro di centrocampo per via della presenza di vari mestieranti da lui molto amati, come i vari Matuidi, Sissoko e persino l’irriverente Ndombelé. Eppure, il giocatore del quale Rabiot ha preso il posto in nazionale, e del quale non ha sentito minimamente la concorrenza una volta che se l’è ritrovato in casa Juve, è un altro.

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Pogback e Pobgout, l'odissea del Polpo

Trattasi di Paul Pogba, di due anni più grande ma già fisso nel giro dei Bleus all’età nella quale Rabiot faceva ancora la spola tra Tolosa e Parigi. Per molti un predestinato, il classe 1993 è stato prima venduto a peso d’oro allo United per poi tornare a costo zero (per la seconda volta dopo il suo ingaggio nelle giovanili) all’Allianz Stadium. La seconda volta, però, come spesso accade, è stata poco fortunata, e dal primo momento Pogba ha palesato una serie di problemi fisici che da anni lo perseguitavano ma che sembrano essersi acutizzati proprio a Torino. La decisione di non operarsi subito in seguito alla rottura del menisco diagnosticata a inizio agosto 2022, volta a non perdersi il Mondiale di Qatar, si è rivelata una pessima decisione, visto che in seguito il Polpo ha deciso di andare sotto i ferri per salvare il salvabile. Ma era troppo tardi. Il Mondiale lo avrebbe visto dalla Tv, per poi non giocare quasi mai nella stagione 2023-24. E l’ennesimo conflitto tra il suo belligerante animo e il suo logorato corpo lo ha nuovamente fermato domenica sera, come confermato dallo stesso Massimiliano Allegri nel post di Empoli-Juventus.

La conferma dello status di Rabiot, ormai intoccabile per Deschamps e per il tecnico toscano, fa dunque da contraltare con la triste situazione relativa a Pogba, che sembra aver ormai imboccato un frustrante e infinito percorso di problemi apparentemente non gravissimi ma fisicamente e moralmente destabilizzanti. E così, mentre Il Duca sfreccia felice tra la Continassa e Clairefontaine, consapevole di essere imprescindibile per entrambi gli allenatori che lo hanno ai suoi ordini, il Polpo continua ad aspettare il suo momento, consapevole che la porta per entrare tra i convocati di Euro 2024 potrebbe essere già chiusa. Deschamps, infatti, è un uomo metodico e andrà all’appuntamento tedesco con i soldati che lo hanno accompagnato nella campagna di preparazione preliminare alla guerra. Una guerra nella quale avrà bisogno di elementi sani e dal rendimento costante. Come Rabiot, appunto.

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Due anni e mezzo sono un periodo gigantesco, quasi eterno per un giovane che a 21 anni ha fatto la sua prima apparizione in nazionale per poi cadere nel dimenticatoio giusto prima del Mondiale vinto dalla Francia nel 2018. Quella di Adrien Rabiot è una storia di riscatto nel lungo termine. Un riscatto assoluto in quanto oggi il centrocampista mancino della Juventus rappresenta un pilastro della nazionale di Didier Deschamps, che con lui come traino è arrivata a sfiorare la vittoria ai Mondiali di Qatar. E, adesso, punta alla qualificazione a Euro 2024 per riscattarsi dopo la brutta figura dell’estate del 2021, quando la Svizzera scacciò i campioni iridati agli ottavi di finale.

In quella precisa occasione Rabiot aveva giocato tutti i 120 minuti, una prova dell’acquisizione definitiva di uno status di pretoriano per il selezionatore francese, il quale lo aveva messo ai margini del suo progetto dal 27 marzo 2018 al 5 settembre 2020. I vari contenziosi con il Paris Saint Germain, che ne limitarono l’impiego da titolare, e il lento adattamento alla nuova avventura italiana avevano messo la mezzala classe ‘95 fuori dal radar di Deschamps, che però non aveva mai smesso di allungare la coda dell’occhio verso la sua amata squadra bianconera, da lui sempre definita come realtà top.

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