Per vedere se emergerà anche l’analogia più importante si dovrà aspettare maggio, ma intanto tra la Juventus di Antonio Conte che nel 2011-12 avviò il ciclo dei nove Scudetti consecutivi e quella attuale di Massimiliano Allegri, e anche tra i due contesti, di somiglianze ce ne sono. La più evidente e più ricordata è il fatto di non giocare le coppe europee e poter dunque preparare una partita alla settimana: nel 2010-11 la squadra di Delneri non era riuscita a qualificarsi, quella di Allegri è stata esclusa per la squalifica Uefa. Proprio l’assenza dall’Europa si lega ad un altro tratto comune tra le situazioni: la voglia di tornarci e di riscattare un amaro passato prossimo. Amaro in campo e anche fuori, nel caso di quella Juve reduce da due settimi posti e che portava ancora le cicatrici di calciopoli. Amaro fuori e anche in campo nel caso di questa, reduce da un terzo e due quarti posti e soprattutto ferita dalla vicenda plusvalenze, che ha inciso sulla passata stagione molto più che per i già pesanti 10 punti di penalizzazione, lasciando da novembre Allegri e la squadra senza una dirigenza alle spalle e senza certezze sul futuro. In entrambi i casi la squadra ha tratto forza da quelle amarezze, e in questa stagione anche dal fatto che fossero state causate dall’esterno ( "Speriamo non ci tolgano altri 10 punti..." ha commentato Szczesny dopo la vittoria di Firenze). Stimoli che sono anche serviti, allora e oggi, a cementare un gruppo che "ora è diventato una squadra", ha sottolineato Allegri dopo il successo allo scadere di Monza.
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Le vittorie nel finale
Altro tratto in comune, i punti conquistati nel finale: contro il Verona prima che all’U-Power Stadium in questa stagione, la vittoria all’andata e il pareggio al ritorno contro il Milan e la vittoria sulla Lazio il 25 aprile nel 2011-12. Compattezza e determinazione sono state e sono anche armi fondamentali per lottare con rivali dall’organico superiore. Lo era il Milan di Allegri, imperniato su Thiago Silva in difesa e Ibrahimovic in attacco, contornati da talenti come Robinho e Cassano, lo è l’Inter di Lautaro Martinez e Thuram, ispirati dal trio Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan. Un’Inter peraltro sorretta fuori dal campo dall’intesa solidissima tra Marotta e Ausilio, laddove quel Milan patì l’inizio del tramonto berlusconiano e le divergenze tra Galliani e Barbara Berlusconi. Quella Juve era superiore all’attuale in difesa e centrocampo e per la presenza di due fuoriclasse - Buffon e Pirlo -, ma se Chiesa e Vlahovic dovessero esprimersi al top con continuità questa avrebbe una marcia in più in attacco, con tutto il rispetto per Matri, Vucinic e Quagliarella.
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