“Capisco Allegri, ma ha fatto degli errori. Juve? La forza è sempre stata una”

L’intervista al ct della pallanuoto azzurra Sandro Campagna: “Max in finale era una pentola a pressione per quanto vissuto negli ultimi anni”

Sandro Campagna mercoledì sera era all’Olimpico nelle vesti di tifoso della Juventus (finalmente godendo in questa stagione), ma non puoi tirare fuori l’allenatore anche dal Campagna tifoso e la visione della serata di Allegri è stata particolare. Buongiorno Campagna, da commissario tecnico, cos’ha pensato, mercoledì sera all’Olimpico? «Da allenatore ho pensato che Allegri era troppo attaccato a questo risultato, per quello che ha vissuto in questi anni, nei quali è stato anche un parafulmine, nei quali non ci sono stati risultati e questo gli ha portato critiche, anche sul gioco, a volte giuste a volte ingiuste, ma comunque alle quali non era abituato, visto che in passato zittiva tutti con i risultati. Aggiungi le problematiche interne e così ottieni una pentola a pressione. È esploso emotivamente negli ultimi minuti, perché non voleva perdere, non poteva permettersi di perdere. Poi, certe sceneggiate, come quella al quarto uomo, negli ultimi minuti le fai anche per sferzare l’attenzione della squadra, per dire ai giocatori: io ci sono, sono qui che combatto. Insomma, quello che è successo in campo per me, allenatore, era perfettamente comprensibile, eccessivo, ma comprensibile».

Come hai vissuto la Juventus di questa stagione da tifoso?
«Fino a i primi di febbraio l’ho vissuta con la giusta dose di emotività. Mi spiego: era evidente la superiorità dell’Inter, ma rimanerle attaccati per cinque mesi è stato molto emozionante, perché quando una squadra, oltretutto non elevatissima sotto il profilo tecnico, rimane in alto grazie allo spirito, alla voglia, alla determinazione, alla lotta, al sacrificio, ai gol all’ultimo minuto... beh, per un allenatore sono aspetti davvero piacevoli».

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La stagione della Juventus

E la seconda parte della stagione?
«Abbastanza incredulo. Non mi sarei mai aspettato il crollo. Capisco la deriva dopo lo schiaffo preso dall’Inter e la consapevolezza che erano più forti loro, quindi la sconfitta con l’Udinese ci sta. Ma da lì in poi devi tornare in carreggiata, invece si è capito che quella squadra lottava solo per il sogno scudetto. Svanito quello... E ho capito cosa può essere successo ad Allegri».

Cosa?
«Mi sono messo nei suoi panni e ho provato a immaginarmi nel mezzo del quadriennio olimpico, cambio di presidente federale che non è del tutto convinto di me e inizio ad avere dei dubbi sul fatto di andare alle Olimpiadi... Beh, un po’ di incertezza ti colpisce e ti toglie lucidità, in quel momento avrebbe avuto bisogno dei giocatori e ha commesso qualche errorino. Umanamente comprensibile, perché poi si accavallano le cose. A me è capitato negli ultimi anni della Grecia e il primo dell’Italia, per tre anni non ho ottenuto risultati e mi chiedevo: ma non è che non sono così bravo? Ma io avevo tempi lunghi per analizzare e analizzarmi: Allegri ogni settimana doveva giocare, non aveva molto tempo per fermarsi».

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Meriti e colpe di Allegri

Quali sono i meriti e quali le responsabilità di Allegri?
«Gli sarò sempre grato per i primi cinque anni e anche per gli ultimi tre, in cui ha dimostrato una grande solidità. Nessun altro allenatore, me compreso, in un momento di totale cambiamento societario, con le penalizzazioni e tutto il caos intorno, sarebbe stato solido come lui. Ha dimostrato di essere una grande persona e un educatore, curando l’aspetto morale, e i giocatori lo hanno riconosciuto. Un allenatore non è solo tattica, è anche questo. Nel bilancio complessivo bisogna mettere qualche errore e io gli imputo soprattutto il primo dei tre anni dopo il suo ritorno. Aveva staccato troppo e quando è tornato si è visto: quando non studi, anche gli avversari, non stai sul pezzo, non segui l’evoluzione, alla fine qualcosa paghi e secondo me, in quella stagione in cui la squadra era forte, ha sottoperformato. Poi, certo, è arrivato in un momento in cui la disciplina difettava un po’ e lui ha dovuto riportarla».

Cosa si aspetta ora dalla Juventus?
«Un accrescimento societario. Giusto dare loro il tempo, anche perché sono arrivati in un momento critico, ma adesso la società va assolutamente potenziata. La forza della Juventus è sempre stata la società e deve tornare a esserlo anche politicamente per difendere la squadra nei momenti difficili e per curare la politica. Mi piacciono le parole di John e il progetto di rinascere dai giovani, ma non bisogna mandarli allo sbaraglio, quindi serve una società forte».

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La risposta sugli arbitri

Le piace Yildiz?
«Mi piace. Tanto. Deve potenziarsi fisicamente di più, per avere maggiore esplosività e rapidità d’esecuzione tecnica. A Bologna ho visto un paio di scambi molto belli: deve giocare con giocatori tecnici sviluppando un fraseggio corto. Su di lui bisogna puntare».

Secondo lei la Juventus è stata sfortunata con gli arbitri?
«L’arbitro è un uomo e può sbagliare in modo indiscriminato però tutte le decisioni dubbie per noi erano contro... Tuttavia, dalla notte dei tempi, ci sono società che riescono a, diciamo, difendere meglio le squadre. È così anche nella pallanuoto. Poi ai giocatori io insegno a convivere con le possibili ingiustizie, perché noi non siamo mai stati troppo forti politicamente, ma io dico loro: dovete avere la forza mentale di andare oltre certe difficoltà. E a volte quando hai 200 pulsazioni e sei stato messo sott’acqua è più difficile mantenere la calma di fronte a una chiamata sbagliata (ride). Ma se giochi meglio la spunti sempre e comunque».

A proposito, cosa pensa dell’idea delle espulsioni a tempo nel calcio, come nella pallanuoto?
«Cito Allegri: il calcio è semplice, attenzione a complicarlo. Chi spiega agli spettatori la differenza fra un cartellino giallo e uno blu? Cioè, si aumenta il potere discrezionale dell’arbitro e, quindi, si diminuisce la comprensione di quello che avviene in campo. Insomma, ci penserei molto bene».

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Sandro Campagna mercoledì sera era all’Olimpico nelle vesti di tifoso della Juventus (finalmente godendo in questa stagione), ma non puoi tirare fuori l’allenatore anche dal Campagna tifoso e la visione della serata di Allegri è stata particolare. Buongiorno Campagna, da commissario tecnico, cos’ha pensato, mercoledì sera all’Olimpico? «Da allenatore ho pensato che Allegri era troppo attaccato a questo risultato, per quello che ha vissuto in questi anni, nei quali è stato anche un parafulmine, nei quali non ci sono stati risultati e questo gli ha portato critiche, anche sul gioco, a volte giuste a volte ingiuste, ma comunque alle quali non era abituato, visto che in passato zittiva tutti con i risultati. Aggiungi le problematiche interne e così ottieni una pentola a pressione. È esploso emotivamente negli ultimi minuti, perché non voleva perdere, non poteva permettersi di perdere. Poi, certe sceneggiate, come quella al quarto uomo, negli ultimi minuti le fai anche per sferzare l’attenzione della squadra, per dire ai giocatori: io ci sono, sono qui che combatto. Insomma, quello che è successo in campo per me, allenatore, era perfettamente comprensibile, eccessivo, ma comprensibile».

Come hai vissuto la Juventus di questa stagione da tifoso?
«Fino a i primi di febbraio l’ho vissuta con la giusta dose di emotività. Mi spiego: era evidente la superiorità dell’Inter, ma rimanerle attaccati per cinque mesi è stato molto emozionante, perché quando una squadra, oltretutto non elevatissima sotto il profilo tecnico, rimane in alto grazie allo spirito, alla voglia, alla determinazione, alla lotta, al sacrificio, ai gol all’ultimo minuto... beh, per un allenatore sono aspetti davvero piacevoli».

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