TORINO - Riguardo alle dinamiche di gruppo nelle squadre di calcio esistono una letteratura vastissima e una aneddotica sconfinata. Così come, parallelamente, lo sono quelle relative alle tecniche e alle capacità necessarie a gestirle. Ovviamente tutte giuste e tutte sbagliate a seconda delle esperienze personali e di quella cosa che mette sempre d’accordo tutti su qualunque teoria: i risultati. Perché se arrivano quelli, non frega niente a nessuno se i giocatori sono amici o se si mandano serenamente a quel paese (come capita neppure troppo raramente) fuori dal campo.
La leadership nella Juventus
Il tema della leadership e dei rapporti di spogliatoio della nuova Juventus, così, è venuto fuori di nuovo dopo le due eliminazioni nelle Coppe (in Europa e in Italia) dopo che solo pochi giorni fa, in virtù delle quattro vittorie consecutive e di una cena di gruppo, era tutto profumato come un giardino fiorito. Narrazioni... Quanto alla leadership, Thiago Motta ha fatto capire in maniera per nulla velata che il leader massimo è lui e poi ci sono quelli nello spogliatoio. Non uno solo, ha sempre tenuto a precisare, ma allo stato attuale dell’arte una punto fermo lo ha trovato: quello della fascia da capitano che non è più “itinerante” come in avvio di stagione: «Il nostro capitano è Locatelli» ha dichiarato ieri, per poi continuare a definire la questione tanto dibattuta della leadership: «Ci sono tanti leader in questo gruppo. Il rapporto è sempre stato ottimo con tutti. Siamo una squadra unita, poi quando i risultati non vanno bene ci sono le critiche. Siamo chiamati a dare il massimo sempre, ecco perché ero arrabbiato dopo la partita, anche perché vedo come lavorano e quanto si impegnano in allenamento».