TORINO - Basta ricordare la sua carriera con un numero: 209. Come i gol in Serie A, che lo rendono il 6° marcatore di sempre. Eppure Totò Di Natale è allergico ai riflettori: «Sbrighiamoci, perché devo andare dai bambini della mia scuola calcio», esordisce così. Il Donatello, a Udine, è il suo orgoglio. E somiglia tanto a lui: poche parole, tanti fatti.
Totò Di Natale, quanta Serie A guarda ancora? «Tanta. Sono sempre innamorato del calcio, mi appassiona vederlo, anche se non è più quello dei miei tempi. In Italia c’è molta meno qualità. Mi piacciono Napoli e Milan, ma occhio all’Inter per lo scudetto. E c’è pure la Roma di Gasperini che mi incuriosisce parecchio».
E la Juve? «No, non la vedo pronta per lottare per il tricolore. Ma ha i mezzi per arrivare in Champions League e pure per fare molto bene in Europa: i due pareggi contro Borussia Dortmund e Villarreal non sono da buttare. Ovviamente ora le critiche sono fisiologiche: se sei la Juve e pareggi cinque gare di fila un problema c’è. Ma Tudor si riprenderà, ne sono certo».
Al momento c’è un grande problema in attacco. Perché? «Manca ancora una gerarchia probabilmente. Poi David e Openda arrivano da altri campionati, serve tempo. Anche all’Udinese ero abituato ad avere compagni di squadra di altre nazionalità, ma chi aveva qualità veniva fuori. Magari non subito, ma nel tempo sì».
Tra David, Vlahovic e Openda chi farebbe sempre giocare? «Vlahovic, senza alcun dubbio. Ha fatto cose straordinarie alla Fiorentina e da quando è alla Juve ogni anno va in doppia cifra. 30 gol a stagione non li farà mai, ma è un giocatore importante. Uno che in Serie A fa la differenza».
