Calciopoli: dall’Inter da Serie B alla favola Paparesta, le verità scomode

Falsi miti e gialli irrisolti: perché sparirono alcune telefonate e perché ci furono conseguenze solo per la Juve? Quello che c’è da sapere

Questa sera andrà in onda una puntata di Report che riguarda i fatti di Calciopoli, uno dei più grandi scandali del calcio italiano che andò in scena nel 2006, ma ebbi strascichi per molti anni. Tuttosport ha sempre raccontato quei fatti cercando di non avere solo il punto di vista dell’accusa, ma anche della difesa e denunciò tutte le incongruenze delle indagini, seguendo in modo maniacale il processo di Napoli e i suoi sviluppi in ambito sportivo. Oggi, il riemergere di quelle vicende, grazie alla famosa “chiavetta” di Moggi che riassume “l’altra Calciopoli”, quella che pochi avevano raccontato, riporta di attualità un tema importante, anche per capire l’attualità. Ecco un vademecum, un bigino, per avere un quadro della vicenda oltre che quello che è stato sempre scritto.

Cos’è Calciopoli?

Calciopoli è una micidiale lotta di potere all’interno del mondo del calcio, con risvolti importanti anche nell’industria e nella finanza dell’Italia di quel periodo. A ispirare l’indagine (che parte da un filone di un’altra inchiesta sul calcioscommesse in Serie B) c’è Franco Baldini, ex dirigente della Roma, nemico giurato di Moggi e confidente del capo della seconda sezione del nucleo investigativo dei Carabinieri di Roma, Attilio Auricchio. Il perché sia la Procura di Napoli a indagare su reati commessi a Torino, con un nucleo investigativo di Roma, non sarà mai del tutto chiarito, ma resta una delle stranezze della vicenda che quanto a bizzarrie di procedura penale, a partire da come furono utilizzate le intercettazioni telefoniche. Gli inquirenti le ottennero dalla magistratura ipotizzando il reato di associazione a delinquere e ne fecero un uso intensivo, mettendo sotto controllo i telefoni cellulari e fissi dei due principali dirigenti della Juventus, Luciano Moggi e Antonio Giraudo, le utenze dei designatori arbitrali e di alcuni arbitri di Serie A.

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Ma non furono intercettati anche altri dirigenti e personaggi del calcio?

Sì, perché anche loro chiamavano i designatori e dicevano più o meno le stesse cose che diceva Luciano Moggi. Tant’è che il procuratore federale Stefano Palazzi scrisse, nella sua famosa relazione del luglio del 2011: «Questo Ufficio ritiene che le condotte in parola siano tali da integrare la violazione, oltre che dei principi di cui all’art. 1, comma 1, CGS (codice di giustizia sportiva, ndr), anche dell’oggetto protetto dalla norma di cui all’art. 6, comma 1, CGS, in quanto certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica in favore della società Internazionale F.C., mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale e la lesione dei principi di alterità, terzietà, imparzialità ed indipendenza, che devono necessariamente connotare la funzione arbitrale». Insomma, anche l’Inter, secondo la stessa persona che aveva indagato e chiesto la condanna per la Juventus, meritava la retrocessione. Non solo, un giudice di Milano ha successivamente sentenziato, nel quadro di una querela di Giacinto Facchetti nei confronti di Luciano Moggi, che le telefonate dell’allora presidente dell’Inter, Giacinto Facchetti, «costituiscono un elemento importante per qualificare una sorta di intervento di lobbing da parte dell’allora presidente dell’Inter nei confronti della classe arbitrale e sono significative di un rapporto di tipo amicale e preferenziale» con «vette non propriamente commendevoli».

Le telefonate dell’Inter però erano sparite? Com’è possibile?

«L’Inter non interessa», dissero gli uomini del maggiore Auricchio all’assistente Coppola, che era andato a testimoniare le pressioni che l’Inter aveva fatto per ammorbidire la sua posizione sulle due giornate di squalifica comminate a Cordoba dopo Venezia-Inter del settembre 2001. L’indagine, fin dall’inizio, era a senso unico. Emerse successivamente che in realtà i carabinieri che ascoltavano le telefonate avevano un metodo per classificarle, i famosi “baffi ” di diverso colore che indicavano l’importanza delle chiamate per l’indagine. Ebbene, quasi tutte le telefonate dei dirigenti dell’Inter e di altri club erano state segnate con i baffi rossi, ovvero “molto pertinenti” all’indagine, ma successivamente stralciate da ogni documento delle indagini. Un’indagine dovrebbe andare in tutte le direzioni, compresa quella in favore dell’indagato. Calciopoli andò in un’unica direzione.

Come emersero le telefonate nascoste?

Durante il processo penale a Napoli, la difesa di Moggi acquisì tutte le 171.000 (!) telefonate intercettate nella stagione 2004/2005 e pazientemente, usando un algoritmo per trovare le varie utenze, scovò quelle che erano stato occultate.

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Ma Moggi venne comunque condannato a Napoli.

Sì, il fatto che altri dirigenti avessero avuto comportamenti analoghi non convinse il collegio giudicante, che però emise una sentenza molto dura nei confronti degli inquirenti, sottolineando tutte le storture delle indagini e il fatto che non c’erano «evidenze che il campionato 2004/2005 fosse stato in qualche modo alterato». Il processo sportivo, invece, non tenne conto delle telefonate occultate perché nell’estate del 2006 non erano ancora emerse e quando vennero fuori, era scattata la prescrizione.

È vero che Moggi chiuse Paparesta nel suo spogliatoio dopo Reggina-Juventus?

È una delle leggende metropolitane di Calciopoli. Nasce da una telefonata nella quale Moggi millanta di aver chiuso l’arbitro nello spogliatoio dopo un arbitraggio che aveva fatto arrabbiare i dirigenti della Juventus, ma in realtà non andò così. E un’inchiesta della Procura di Reggio Calabria lo ha accertato nel 2007.

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È vero che il sorteggio arbitrale era truccato?

No, è una delle cose che non fu provata in aula (con rimprovero della giudice Casoria). Gli inquirenti avevano girato un video di un sorteggio a Coverciano, sostenendo che in quel video ci fosse la prova regina. Ma: 1. in quel video c’era la prova che i sorteggi non erano truccati; 2. gli inquirenti fecero sparire il video dagli atti, innescando un giallo tragicomico.

È vero che con il suo sistema di controllo degli arbitri, Moggi condizionava le ammonizioni per avere giocatori squalificati nella squadra avversaria quando affrontava la Juventus?

No, è stato provato durante il dibattimento che i giocatori squalificati nelle squadre che affrontavano la Juventus erano nella media e, in certi casi, sotto la media. E che non c’era un meccanismo di “ammonizioni preventive”. In compenso c’è un’intercettazione nella quale l’addetto agli arbitri del Milan, Leonardo Meani, chiede esplicitamente a un arbitro, Massimo De Santis, di «non ammonire il Nesta, perché sennò domenica prossima salta la Juve».

È stata trovata una qualche forma di “pagamento” o corruzione di Moggi nei confronti degli arbitri?

No, in compenso c’è una telefonata di Leonardo Meani, addetto agli arbitri del Milan, che conforta l’arbitro Gianluca Paparesta sul fatto che un dossier di un’azienda con la quale collaborava, era stato sottoposto all’attenzione di Gianni Letta, all’epoca vicepresidente del Consiglio nel Governo Berlusconi.

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Questa sera andrà in onda una puntata di Report che riguarda i fatti di Calciopoli, uno dei più grandi scandali del calcio italiano che andò in scena nel 2006, ma ebbi strascichi per molti anni. Tuttosport ha sempre raccontato quei fatti cercando di non avere solo il punto di vista dell’accusa, ma anche della difesa e denunciò tutte le incongruenze delle indagini, seguendo in modo maniacale il processo di Napoli e i suoi sviluppi in ambito sportivo. Oggi, il riemergere di quelle vicende, grazie alla famosa “chiavetta” di Moggi che riassume “l’altra Calciopoli”, quella che pochi avevano raccontato, riporta di attualità un tema importante, anche per capire l’attualità. Ecco un vademecum, un bigino, per avere un quadro della vicenda oltre che quello che è stato sempre scritto.

Cos’è Calciopoli?

Calciopoli è una micidiale lotta di potere all’interno del mondo del calcio, con risvolti importanti anche nell’industria e nella finanza dell’Italia di quel periodo. A ispirare l’indagine (che parte da un filone di un’altra inchiesta sul calcioscommesse in Serie B) c’è Franco Baldini, ex dirigente della Roma, nemico giurato di Moggi e confidente del capo della seconda sezione del nucleo investigativo dei Carabinieri di Roma, Attilio Auricchio. Il perché sia la Procura di Napoli a indagare su reati commessi a Torino, con un nucleo investigativo di Roma, non sarà mai del tutto chiarito, ma resta una delle stranezze della vicenda che quanto a bizzarrie di procedura penale, a partire da come furono utilizzate le intercettazioni telefoniche. Gli inquirenti le ottennero dalla magistratura ipotizzando il reato di associazione a delinquere e ne fecero un uso intensivo, mettendo sotto controllo i telefoni cellulari e fissi dei due principali dirigenti della Juventus, Luciano Moggi e Antonio Giraudo, le utenze dei designatori arbitrali e di alcuni arbitri di Serie A.

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