Il torto e la ragione
Nessuno ha dato torto all'Inter, nessuno ha dato ragione alla Juventus, tutti si sono rimbalzati la decisione accampando intricate motivazioni da legulei per sostenere di non essere quelli che devono decidere. In dodici anni quell'incartamento, con le intercettazioni dei dirigenti dell'Inter che parlavano con i vertici arbitrali, è passato su decine di scrivanie, troppo scottante per essere aperto. Adesso che ha finito il suo faticosissimo iter, non sappiamo ancora (e forse non lo sapremo mai) se quanto scritto dal procuratore federale di allora, Stefano Palazzi, nella sua pesantissima relazione del 2011, sia passibile o meno di una revoca di quel titolo. Non si è mai trovato qualcuno, uno qualsiasi della Federazione o un qualsiasi giudice di un qualsiasi tribunale, che si è preso la briga di dire: «Ma no, quelle telefonate erano innocenti conversazioni, l'Inter meritava quello scudetto e deve tenerselo». Perché dal 2006 a oggi l'unico dirigente federale che lo ha sostenuto è stato Guido Rossi, commissario della Figc nel 2006, intimo amico di Massimo Moratti e Marco Tronchetti-Provera, tifoso interista ed ex consigliere di amministrazione nerazzurro. Dopo di lui si espresse, appunto, il pm della Figc, Stefano Palazzi, con un documento durissimo per l'Inter e i suoi dirigenti, sui quali pendeva l'ipotesi di illecito sportivo e le cui condotte venivano severamente censurate da colui che aveva processato la Juventus tre anni prima. Il problema, com'è noto, è che quelle violazioni erano prescritte, quindi non se ne fece niente.
