Juventus e plusvalenze: iniziano a cadere le accuse

Titolazioni cubitali, foto truci, gogna sguaiata: il mostro in prima pagina, e ora che arrivano le prime notizie concrete il fango si è già seccato

Avevano scritto. Avevano titolato a corpo importante. Avevano messo le foto con le espressioni più truci. Avevano anche fatto gli spiritosi, sguaiati, nei pezzi e sui social. Avevano fatto tutto quello che di solito i media italiani fanno in questi casi: scambiare le accuse per condanne e allestire la gogna. Ieri la notizia che viene a cadere, per decisione del Giudice per le Indagini Preliminari, una delle accuse rivolte alla Juventus dalla Procura di Torino è stata data con toni più dimessi e ha fatto meno rumore.

Per carità, non è caduto un tronco, magari un ramo, forse giusto un paio di foglie, ma la forma è sostanza quando si calpesta la presunzione di innocenza per sbattere il mostro in prima pagina. Non cambia la storia del processo il fatto che la Juventus non sia più accusata di «false fatturazioni», perché non era la più grave delle accuse, semmai era concettualmente una delle più ridicole, ma fa riflettere amaramente sulla narrazione della vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto il club bianconero.

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Da due anni a questa parte abbiamo letto solo ed esclusivamente le tesi dell’accusa, che hanno trovato ampio spazio sui giornali, nei dibattiti televisivi, sui social network. Non si è dato grande spazio alla difesa (che peraltro ha taciuto), non si è atteso il parere di un giudice terzo. Anzi quando il Gip aveva respinto le misure cautelari, invitando i pm a riguardare il caso plusvalenze, perché le accuse non tornavano, la notizia è stata data velocemente, calcando la mano sulla richiesta dei pm (l’arresto di Agnelli) più che sul fatto che fosse stata rifiutata (e ciò non ha impedito alla Figc di condannare lo stesso, con il potente chiavistello della slealtà sportiva in grado di scardinare qualsiasi logica giuridica).

E adesso capita la stessa cosa con le false fatturazioni. L’accusa perde un altro pezzo (o pezzettino). Magari non cambia nulla, magari cambia tutto, non spetta a noi deciderlo. L’unica cosa che non può più cambiare è lo sputtanamento riservato agli indagati prima che siano stati, non dico condannati, ma anche solo rinviati a giudizio. Che vergogna!

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Avevano scritto. Avevano titolato a corpo importante. Avevano messo le foto con le espressioni più truci. Avevano anche fatto gli spiritosi, sguaiati, nei pezzi e sui social. Avevano fatto tutto quello che di solito i media italiani fanno in questi casi: scambiare le accuse per condanne e allestire la gogna. Ieri la notizia che viene a cadere, per decisione del Giudice per le Indagini Preliminari, una delle accuse rivolte alla Juventus dalla Procura di Torino è stata data con toni più dimessi e ha fatto meno rumore.

Per carità, non è caduto un tronco, magari un ramo, forse giusto un paio di foglie, ma la forma è sostanza quando si calpesta la presunzione di innocenza per sbattere il mostro in prima pagina. Non cambia la storia del processo il fatto che la Juventus non sia più accusata di «false fatturazioni», perché non era la più grave delle accuse, semmai era concettualmente una delle più ridicole, ma fa riflettere amaramente sulla narrazione della vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto il club bianconero.

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