Agnelli il vero obiettivo, i sedici mesi e il peccato Superlega da espiare

È solo politica passare da nessuna inibizione con patteggiamento a oltre un anno senza

TORINO - Come è possibile che lo stesso procedimento che giudica la stessa violazione con gli stessi giudici possa portare a zero mesi di inibizione patteggiando e a sedici mesi di inibizione senza patteggiare? Quale il criterio giuridico che consente di passare in modo così disinvolto da zero a sedici?

Il caso della manovra stipendi è davvero bizzarro se lo si analizza tecnicamente, perché Fabio Paratici (parimenti coinvolto nella violazione, se non di più, rispetto ad Agnelli) e con lui Federico Cherubini, Maurizio Arrivabene e altri dirigenti non hanno ricevuto un giorno di inibizione nel patteggiamento collettivo di un mese fa, mentre Andrea Agnelli che allora non ha patteggiato è andato a giudizio ed è stato discretamente bastonato.

Ora, il patteggiamento prevede sconti di pena, ma da sedici a zero è roba che neanche il black friday. Eppure il punto di partenza è lo stesso, non ci sono differenze.

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Agnelli inibito per 16 mesi: una sentenza politica

Si leggeranno le motivazioni per capire, ma resta bizzarro. Se lo si considera un caso giuridico, naturalmente. È più facile, invece, lasciare da parte il rigore del diritto e facendosi guidare dall’elasticità della politica, dove niente è impossibile. E tutto diventa più chiaro, perché come si sospettava da tempo: Andrea Agnelli è il vero obiettivo. L’uomo che si è messo contro il sistema con il progetto della Superlega deve espiare quel peccato.

È bastato separare il suo destino da quello della Juventus e si è avuta una sorta di riprova del ragionamento: la stessa identica manovra stipendi è costata relativamente poco alla Juventus (che nel patteggiamento ha rinunciato a qualsiasi tipo di ricorso), mentre Agnelli, che non ha trovato i margini per patteggiare (perché non voleva rinunciare al ricorso al Tar per le plusvalenze), ha ricevuto una pena durissima. Agnelli era l’obiettivo politico da abbattere e questo rende molto meno incongruenti lo zero e il sedici.

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Plusvalenze Juve: due pesi e due misure

Certo per arrivare a questa conclusione, bisogna "pensare male", come suggeriva Giulio Andreotti a chi voleva azzeccarci e, infatti, Andreotti era uno che di questioni politiche se ne intendeva abbastanza. Sullo sfondo, al netto di qualsiasi maliziosa analisi, resta la sensazione di una giustizia, quella sportiva, completamente scollata dagli appassionati (di cui dovrebbe essere massimo garante), che produce sentenze non sempre coerenti fra di loro, che pesa le sanzioni con misure piuttosto disparate, che lascia una discrezionalità esagerata ai giudici, completamente privi di paletti normativi.

Curioso, in questo senso, che nel giorno della bizzarra sentenza Agnelli, si dia la notizia del ricorso di Giraudo che può dare una violenta spallata al sistema della giustizia sportiva, perché le riforme o si fanno o si subiscono.

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TORINO - Come è possibile che lo stesso procedimento che giudica la stessa violazione con gli stessi giudici possa portare a zero mesi di inibizione patteggiando e a sedici mesi di inibizione senza patteggiare? Quale il criterio giuridico che consente di passare in modo così disinvolto da zero a sedici?

Il caso della manovra stipendi è davvero bizzarro se lo si analizza tecnicamente, perché Fabio Paratici (parimenti coinvolto nella violazione, se non di più, rispetto ad Agnelli) e con lui Federico Cherubini, Maurizio Arrivabene e altri dirigenti non hanno ricevuto un giorno di inibizione nel patteggiamento collettivo di un mese fa, mentre Andrea Agnelli che allora non ha patteggiato è andato a giudizio ed è stato discretamente bastonato.

Ora, il patteggiamento prevede sconti di pena, ma da sedici a zero è roba che neanche il black friday. Eppure il punto di partenza è lo stesso, non ci sono differenze.

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