Chi è da Juve e chi no: ora le decisioni per ricominciare

Dalla guida tecnica ai giocatori: il club deve ricostruire senza sbagliare le scelte

Non c’è pace e non c’è gloria per questa Juventus e per il suo popolo in una stagione di sofferenza, ansia e delusione. Il sogno della finale di Europa League si spezza al termine di 120 che sono il fedele compendio della stagione, con l’illusione di farcela, le imperdonabili leggerezze, la difficoltà a metterla dentro, la sensazione che tutto debba essere improvvisato nella fase di possesso, che la squadra vada sempre un po’ più piano degli altri e che una parte del talento della rosa vada sprecato. La Juventus ieri ha combattuto (e non sempre era successo quest’anno), ma non può bastare per smussare gli spigoli di una sconfitta simbolica, per la modalità con quale è maturata nel corso delle due gare (la prima soprattutto), per la delusione che scava nel già martoriato umore dei suoi tifosi.

La stagione Juve

Finisce qui la stagione, perché sarà difficile dare un senso alle ultime tre giornate di campionato (più importanti saranno le udienze, le sentenze, i patteggiamenti). Finisce qui un’era e la nuova dirigenza, insediatasi appena quattro mesi fa, ha ora il delicato compito di voltare pagina. Non è tutto sbagliato, ma c’è comunque molto da rifare per rimettere il club sui binari che gli appartengono. Serve un progetto tecnico, un’idea di squadra e di gioco per costruire con la necessaria coerenza. Negli ultimi due anni, la Juventus ha giocato male, aggrappandosi al sacrosanto concetto di concretezza risultatista che ha troppo spesso nascosto limiti più gravi della mera estetica pallonara.

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Il giudizio su Allegri

Allegri è vittima di pregiudizi, ma ha anche responsabilità per come la Juventus si è espressa o, meglio, non espressa dal suo ritorno in panchina. Allegri merita un monumento intorno allo Stadium per quello che ha vinto e per quello che ha emotivamente gestito da novembre a oggi (nessuno sarebbe stato in grado), ma per progettare il futuro serve un’idea di gioco più precisa e definita. È lui che può garantirla? La società deve riflettere con attenzione, l’operazione di ricostruzione è delicata, si può sbagliare pochissimo perché il prezzo è buttare via del tempo prezioso e l’affetto del pubblico, che è ancora più prezioso.

La riflessione sulla squadra

E non solo l’allenatore merita una riflessione. Di Maria, per esempio, ha sulla coscienza l’occasione migliore, quando avrebbe potuto offrire a Kean un pallone da spingere facilmente in porta o, quantomeno, esprimersi in modo meno supponente, evitando il pretenzioso pallonetto da calcettaro del lunedì sera. Di Maria ha 35 anni, un palmares che occupa una schermata di wikipedia, ha giocato un milione di partite come quella di ieri sera e prende oltre sette milioni di euro proprio per portare il suo contributo di esperienza ad alto livello: tutto ciò è un fattore che moltiplica la gravità del suo errore. Questa stagione non cambia nulla nella carriera stellare dell’argentino, che verrà giustamente ricordato fra i più grandi. Non a Torino, tuttavia, dove resterà la sua voglia a corrente alternata, il suo egoismo e qualche assaggio di grande calcio, che certo non ha sfamato chi è stato abituato meglio dai campioni. Non è l’unico che dovrebbe lasciare la Juventus al termine di mesi difficili, ma anche istruttivi per capire chi è utile e chi no. La Juventus deve ricominciare alleggerita del passato recente, di orpelli inutili, di giocatori che non hanno abbastanza fame per una semifinale europea.

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Non c’è pace e non c’è gloria per questa Juventus e per il suo popolo in una stagione di sofferenza, ansia e delusione. Il sogno della finale di Europa League si spezza al termine di 120 che sono il fedele compendio della stagione, con l’illusione di farcela, le imperdonabili leggerezze, la difficoltà a metterla dentro, la sensazione che tutto debba essere improvvisato nella fase di possesso, che la squadra vada sempre un po’ più piano degli altri e che una parte del talento della rosa vada sprecato. La Juventus ieri ha combattuto (e non sempre era successo quest’anno), ma non può bastare per smussare gli spigoli di una sconfitta simbolica, per la modalità con quale è maturata nel corso delle due gare (la prima soprattutto), per la delusione che scava nel già martoriato umore dei suoi tifosi.

La stagione Juve

Finisce qui la stagione, perché sarà difficile dare un senso alle ultime tre giornate di campionato (più importanti saranno le udienze, le sentenze, i patteggiamenti). Finisce qui un’era e la nuova dirigenza, insediatasi appena quattro mesi fa, ha ora il delicato compito di voltare pagina. Non è tutto sbagliato, ma c’è comunque molto da rifare per rimettere il club sui binari che gli appartengono. Serve un progetto tecnico, un’idea di squadra e di gioco per costruire con la necessaria coerenza. Negli ultimi due anni, la Juventus ha giocato male, aggrappandosi al sacrosanto concetto di concretezza risultatista che ha troppo spesso nascosto limiti più gravi della mera estetica pallonara.

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