In che senso?
«Nessun lavora davvero sui giovani e, senza di loro, il calcio italiano perde tutto. Basta guardare al doppio fallimento mondiale della Nazionale: Mancini per trovare una punta è dovuto andare a cercare Retegui in Argentina».
Ci sono altri motivi dietro l’involuzione del nostro calcio?
«L’indebolimento delle società è iniziato con la sentenza Bosman e continua oggi con l’ascesa della figura dei procuratori, ormai sono loro di fatto a detenere e a vendere i cartellini dei calciatori. Occorre una riflessione seria, perché attualmente le società sono troppo esposte, a maggior ragione dopo il periodo del Covid. E poi sono state prese decisioni che non condivido: le ragazze meritano l’avvento del professionismo nel calcio femminile, per esempio, ma ulteriori contributi da versare tagliano le gambe ai club».
Tornando alla Juventus, due stagioni di fila senza trofei sono un’eccezione: quando verrà interrotta la striscia negativa?
«Puntando sui giovani e su investimenti mirati, per me, tornerà l’epoca degli scudetti in serie: credo che già nella stagione alle porte i bianconeri potranno giocarsela alla pari con Inter e Napoli. Avrebbero potuto anche lo scorso campionato, se non avessero speso male: a questa squadra serve sostanza, non giocatori come Pogba o Di Maria che ti mostrano la loro classe un paio di volte a partita».
Ma Spinelli non ha nostalgia del passato?
«Oggi i petroldollari arabi si stanno prendendo il calcio europeo, solo l’Inghilterra può in parte ribattere. E le figure come quella di Perez a Madrid, ormai, sono un’eccezione. Mancano i Moratti e i Berlusconi, anche in Italia è pieno di fondi, americani o cinesi. E dei grandi presidenti dei miei tempi non è rimasto nessuno in giro».