Kean shock: "Il calcio mi ha salvato dalla merda. Mio figlio mi ha cambiato"

L'attaccante della Juventus e le rivelazioni sulla vita e sul club bianconero: "Nicolussi Caviglia il mio gemello, Allegri mio padre sportivo"
Kean shock: "Il calcio mi ha salvato dalla merda. Mio figlio mi ha cambiato"

Moise Kean come nessuno lo ha mai conosciuto. Cosa c'è dietro le esultanze allegre, la musica prodotta, gli sguardi e i silenzi dell'attaccante della Juventus? A svelarlo è stato proprio lui, in una lunga intervista a Dazn Heroes, in cui il centravanti bianconero si è raccontato in tutte le sue sfaccettature. La carriera parallela nel rap, il periodo al Psg con Neymar e Mbappé, il rapporto con Allegri ma anche l'infanzia vissuta per strada, fino alla paternità che lo ha profondamente cambiato.

Kean e il rapporto con la musica

Kean è un grande appassionato di musica, tanto da aver prodotto anche una canzone, 'Outfit': "La cantiamo in tre, io e altri due miei amici che son cresciuti con me. Capo Plaza e Boro Boro mi hanno scritto, ho fatto sentire alcuni pezzi a Shiva. Mi ricordo che eravamo in trasferta, e mentre tornavamo in aereo l'ho scritta. Molti pensano che dopo il primo pezzo chissà quando uscirà il secondo, invece verrà fuori presto. Vero che c'è un pezzo fatto con McKennie e Leao, ancora non è uscito: ci stiamo lavorando, vediamo... Anche Leao scrive bene. Fare musica mi calma: ho cominciato a rappare, a fare musica, a 11 anni per strada. Nel mondo del calcio va capito che una persona può avere tanti talenti. C'è molta gente che gioca a calcio e fa rap ma non ha mai pubblicato canzoni. In estate andiamo in America, quando ci alleniamo troviamo giocatori di NFL o NBA, loro sono bravissimi. Io sempre con Weah e McKennie? Gli americani hanno un altro modo di vivere, sempre sorridenti, e questo si adatta alle mie vibes. Quando giocavo all'Everton era il periodo covid. Lì ero chiuso in casa, avevo uno studio e mi son messo a scrivere, a migliorarmi ancora di più. Anche quando ero a Parigi stavo in uno studio, e molti erano meravigliati di questa cosa. Chi ascolta la musica peggiore alla Juve? Nicolussi Caviglia! Però è molto aperto, ascolta anche Mozart o cose così".

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Mbappé-Neymar e i ritardi con Zaniolo e Scamacca

E a proposito del periodo vissuto a Parigi: nella stagione al Psg Kean era riuscito ad esprimersi al meglio, segnando in tutto 19 gol. Ed è proprio l'attaccante a svelare il perché: "I miei parenti abitano lì, quindi mi sentivo a casa. Merito anche dei compagni di squadra, come Neymar, Mbappé: pensavo non mi avrebbero calcolato, ero anche arrivato l'ultimo giorno di mercato. invece mi hanno aiutato tantissimo. Mi spiegavano come giocare con loro. C'era anche Di Maria, con tutti loro ho avuto un ottimo rapporto anche fuori dal campo, andavo a cena con loro: questo mi faceva sentire grande".

E a proposito di rapporti con i compagni, Kean è stato protagonista di due episodi in Nazionale, in cui ha fatto ritardi non presi proprio benissimo dallo staff azzurro. Uno di questi con Zaniolo, con cui da anni ha un bel legame: "Una volta davvero sembrava che il ritardo ce l'avesse con me. Ero con Zaniolo, metteva musica ad alto volume, giocava alla Play. Erano le 10.58 e avevamo riunione alle 11.00: ci spostiamo per scendere, ma l'ascensore non arriva, poi dentro c'era gente e abbiamo fatto tutti i piani. Siamo arrivati alle 11.05, il ct dell'U21 Di Biagio ci chiede spiegazioni, io chiedo scusa per il ritardo, ma a Nicolò la cosa faceva ridere e quindi chiedeva scusa ridendo. Io non ci potevo credere! E quindi per il fatto che lui rideva ci han messo fuori, ma Nicolò è così, prende le cose alla leggera. Quando capitò con Scamacca non eravamo compagni di stanza, arrivammo entrambi tardi: lì non misi la sveglia, ho il sonno pesante. Marachelle nel settore giovanile? Se capitava a volte mi mettevano a fare le fotocopie, ma spesso aiutavo i magazzinieri o pulivo gli spogliatoi: mi facevano capire come funzionava. Mi dicevano che un giorno li avrei ringraziati, e in effetti è stato così: capisci che non è semplice il lavoro che fanno"

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"Allegri padre calcistico, Nicolussi Caviglia guida" 

Kean è andato via dalla Juventus quando ha salutato Allegri, ed è tornato a vestire il bianconero quando il tecnico toscano è tornato in panchina. Con lui ha un rapporto speciale, ma non è l'unico: "Con Allegri ho un ottimo rapporto: nei momenti duri, dove facevo cavolate, mi faceva capire, se facevo bene mi faceva capire. È stato sempre un papà sportivo: a volte litighiamo ancora, è normale. Ma ci vogliamo tantissimo bene, anche se non ce lo diciamo mai. Con Ciccio Grabbi (allenatore della Juventus U14, ndr) ho sempre avuto un bel rapporto, mi ha fatto da padrino: mi sono battezzato a 12 anni. Lo chiamai, ci tenevo tanto, lui iniziò a piangere al telefono quando glielo chiesi e mi disse sì. Mia mamma è cattolica, e ogni tanto prima di scendere in campo prego, ringrazio per quello che sono: potevo fare la fine di alcuni miei amici...".

Il rapporto con Allegri è chiaro, ma con i compagni? Kean è giovane ma ha vissuto già tante esperienze importanti, anche e soprattutto alla Juve: "Mi sono dato una regola: non mi voglio mai far sentir vecchio, ma con i giovani ci so fare. Magari uno un po' più grande gli dice che bisogna svegliarsi, allenarsi in un certo modo. Se vado io da Huijsen o Yildiz, per esempio, mi capiscono di più. Con me non parlavano tanto, ma se parlavano non le mandavano a dire... Chi mi richiamava di più? Bonucci! Leo conta molto sull'atteggiamento: se sbagli lui lo sa e te lo dice. Miretti l'ho conosciuto presto: una volta mi misero in punizione e mi fecero allenare coi più piccoli, e c'era lui. Fagioli è venuto dopo, lo sentivo nominare spesso. Una volta mi fermai a guardare una partita dei 2001, ed era veramente bravo! Si vedeva che era davvero forte, e infatti lo sta dimostrando e avrà tempo per dimostrarlo ancora. Quando da ragazzino arrivai alla Juve la prima volta nello spogliatoio incontrai Nicolussi Caviglia. È la persona che qua dentro mi conosce più di tutti: se sto per dire o fare qualcosa che non dovrei dire o fare, mi ferma prima. Lui è il mio gemello, la mia guida, ecco. Quando c'è qualcosa che non capisco, chiedo ancora a lui: magari non comprendo come fare un esercizio in campo che ha spiegato il mister e mi rivolgo a lui. È come in classe, c'è il 'secchione'. Ma lui non è così, è davvero speciale per me".

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L'infanzia, la strada e la paternità

Nella giovinezza calcistica ha trovato un compagno come punto di riferimento, Nicolussi Caviglia. Ma quando da ragazzino giocava per strada, prima di arrivare alla Juventus, le cose erano diverse, e prendere la strada sbagliata sarebbe stato facile: "Ho iniziato ad avere fin da subito grandi responsabilità. Sono andato via di casa a 13 anni: non c'era nessuno per portarmi da Asti a Torino tutti i giorni, e quindi mi sono spostato nel Convitto. Lasciare amici e casa non è stato facile. Ad Asti mi divertivo: andavo a giocare, stavo per strada. Non sono stato facile da gestire come figlio: anche parlando coi miei compagni dell'infanzia, l'hanno vissuta diversamente dalla mia. Magari a Natale andavano in vacanza con le famiglie, noi stavamo lì: ci adattavamo. Giocare a calcio, stare per strada con gli altri era la normalità. Marachelle? Si, abbastanza. Spesso giocavamo in oratorio, spegnevalo le luci alle sette e ci mandavano fuori. Noi tornavamo alle dieci e mezza, facevamo partite 5 contro 5: una volta il Don ci scoprì, chiamò la polizia e scappammo. Ero il più piccolo, ma il più forte di tutti: gli altri avevano 16-17-18 anni, io avevo 11-12 anni. Molti di quei ragazzi non hanno preso una bella strada, anche se a me dicevano sempre di inseguire i miei sogni e di non fare come loro. Tanti, nella mia situazione, non riescono a scegliere, io mi sento fortunato ad esserne uscito, anche se non dimenticherò mai da dove vengo. Quando ho esordito a 16 anni mi son detto: la cosa sta diventando seria, sono fuori dalla m***a".

Da giovane ragazzino appassionato di calcio a calciatore professionista, e oggi anche papà di un bimbo di 4 mesi: "Dalla nascita di mio figlio, Marley, sono cambiate tante cose. Ora prima di agire ci pensi molte volte, prima di fare qualcosa pensi sempre a lui. Da quando inizi a prenderlo in braccio dici 'Cavolo!'. Ti cambia tutto, ma tutto in maniera naturale. Perché nessuno sapeva che avevo un figlio? Non mi piace dire in giro le mie cose, piace tenermi certe cose per il privato. In squadra non lo sapeva nessuno, finché non mi sono assentato per andare in ospedale. Cosa mi hanno detto? Erano scioccati! (ride, ndr)".

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Moise Kean come nessuno lo ha mai conosciuto. Cosa c'è dietro le esultanze allegre, la musica prodotta, gli sguardi e i silenzi dell'attaccante della Juventus? A svelarlo è stato proprio lui, in una lunga intervista a Dazn Heroes, in cui il centravanti bianconero si è raccontato in tutte le sue sfaccettature. La carriera parallela nel rap, il periodo al Psg con Neymar e Mbappé, il rapporto con Allegri ma anche l'infanzia vissuta per strada, fino alla paternità che lo ha profondamente cambiato.

Kean e il rapporto con la musica

Kean è un grande appassionato di musica, tanto da aver prodotto anche una canzone, 'Outfit': "La cantiamo in tre, io e altri due miei amici che son cresciuti con me. Capo Plaza e Boro Boro mi hanno scritto, ho fatto sentire alcuni pezzi a Shiva. Mi ricordo che eravamo in trasferta, e mentre tornavamo in aereo l'ho scritta. Molti pensano che dopo il primo pezzo chissà quando uscirà il secondo, invece verrà fuori presto. Vero che c'è un pezzo fatto con McKennie e Leao, ancora non è uscito: ci stiamo lavorando, vediamo... Anche Leao scrive bene. Fare musica mi calma: ho cominciato a rappare, a fare musica, a 11 anni per strada. Nel mondo del calcio va capito che una persona può avere tanti talenti. C'è molta gente che gioca a calcio e fa rap ma non ha mai pubblicato canzoni. In estate andiamo in America, quando ci alleniamo troviamo giocatori di NFL o NBA, loro sono bravissimi. Io sempre con Weah e McKennie? Gli americani hanno un altro modo di vivere, sempre sorridenti, e questo si adatta alle mie vibes. Quando giocavo all'Everton era il periodo covid. Lì ero chiuso in casa, avevo uno studio e mi son messo a scrivere, a migliorarmi ancora di più. Anche quando ero a Parigi stavo in uno studio, e molti erano meravigliati di questa cosa. Chi ascolta la musica peggiore alla Juve? Nicolussi Caviglia! Però è molto aperto, ascolta anche Mozart o cose così".

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