Juve impreparata sui calci da fermo: Allegri, non sono polli ma schemi da basket

Le reti dell'azzurro e dell'olandese hanno la stessa origine. Ecco su cosa devono lavorare i bianconeri per evitare che in futuro possano ripetersi gli stessi errori
Juve impreparata sui calci da fermo: Allegri, non sono polli ma schemi da basket

TORINO - Se per gli americani “strength in numbers” la forza sta nei numeri, vale lo stesso discorso per la debolezza: 6 punti nelle ultime 7 partite sono indicativi, ma forse non quanto gli 11 gol incassati in altrettante sfide. E non sempre contro corazzate. Se poi il conteggio si limita agli ultimi 4 match allora il dato è ancora più allarmante: 8 reti, una media esatta di 2 a partita. Un tracollo che ha tanti padri e tante possibili spiegazioni, come altrettante giustificazioni, ma in questa sede vogliamo concentrarci su due episodi differenti, ma accomunati da simili dinamiche e medesime radici: la ribattuta di Raspadori in Napoli-Juve e la prima rete di Koopmeiners domenica sera allo Stadium, sullo schema da calcio piazzato. Episodi “sconcertanti” per come si sono sviluppati, ma analizziamo nel dettaglio. E partiamo dall’episodio più lontano nel tempo, quello del 2-1 firmato da Raspadori dopo l’errore dal dischetto di Osimhen.

Napoli-Juve, il gol di Raspadori

Il peccato della Juventus ha una componente tattica e pure una tecnica: nel calcio moderno sbagliare un penalty è diventato frequente, per abilità, stazza e rapidità dei portieri. Dunque fiondarsi su una respinta deve (e per tanti è) diventato un fondamentale sul quale lavorare in allenamento: quel gol preso dalla Juventus non è determinato dalla sfortuna né da una leggerezza. Si tratta di una mancanza di esperienza e preparazione nel lavoro quotidiano: sono in tre i giocatori del Napoli a partire - come da un blocco di partenza nel momento in cui Osimhen comincia la rincorsa per calciare il rigore - a 5 metri dall’inizio dell’area dalla parte sinistra di Szczesny mentre i 4 bianconeri da quella parte sono tutti a pochi centimetri dalla linea dell’area, costretti ad aspettare che l’attaccante calci il rigore: ciò che capita dopo è un principio della dinamica. E il gol di Raspadori è la diretta conseguenza di una situazione di gioco da fermo preparata in allenamento. Anche perché, se anche non fosse arrivato l’ex Sassuolo per primo, ci avrebbe pensato uno tra Anguissa e Di Lorenzo a scaraventare il pallone alle spalle del portiere juventino.Sarebbe bastato avere un paio di giocatori in meno sulla linea dell’area, dirottandoli sulle tracce degli azzurri pronti a scattare, per scongiurare il pericolo. E se si analizzano le immagini è facilmente intuibile come sarebbe probabilmente andata allo stesso modo se Szczesny avesse respinto il pallone dalla parte opposta, sulla sua destra.

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Juve, il gol di Koopmeiners

E veniamo al secondo episodio, a sette giorni di distanza dal primo. L’Atalanta con Scamacca si procura una punizione dal limite che lo stesso centravanti sembra poter calciare, ma in realtà si tratta di uno schema eseguito da Pasalic di sinistro per servire orizzontalmente un compagno. Quel compagno è un altro mancino, ovvero Koopmeiners, che parte da dentro l’area per sganciarsi e provare la conclusione di prima dal limite. La Juventus si fa trovare totalmente impreparata sul lato debole, quello lontano dal pallone, con tutti e 11 i giocatori all’interno dell’area, sicuri al 100% che non ci sarebbe stata altra soluzione se non quella della punizione diretta in porta. Chiesa sulle tracce di Ruggeri sulla corsia sinistra dell’Atalanta, quattro in barriera più Miretti “coccodrillo”, McKennie un po’ più avanti per disturbare la conclusione di Scamacca (che non arriverà mai), altri tre piazzati in marcatura su possibili colpitori di testa e Szczesny più occupato a capire dove sarebbe finita la punizione che a comprendere la dinamica di quanto stava succedendo (Koopmeiners era in zona libero e non marcato).

Allegri, come nel basket e nel football Usa

Come un’uscita dai blocchi nel basket, per rimanere nella sfera di conoscenza di Allegri, appassionato della palla a spicchi. Sono situazioni da fermo, sempre più frequenti anche nel calcio grazie a una continua contaminazione con diverse discipline, sulle quali in altri sport si lavora quotidianamente per trovare contromosse, come nel football Usa, quando la difesa deve adeguarsi a un cambio di chiamata da parte dell’attacco. Basta lavorarci.

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TORINO - Se per gli americani “strength in numbers” la forza sta nei numeri, vale lo stesso discorso per la debolezza: 6 punti nelle ultime 7 partite sono indicativi, ma forse non quanto gli 11 gol incassati in altrettante sfide. E non sempre contro corazzate. Se poi il conteggio si limita agli ultimi 4 match allora il dato è ancora più allarmante: 8 reti, una media esatta di 2 a partita. Un tracollo che ha tanti padri e tante possibili spiegazioni, come altrettante giustificazioni, ma in questa sede vogliamo concentrarci su due episodi differenti, ma accomunati da simili dinamiche e medesime radici: la ribattuta di Raspadori in Napoli-Juve e la prima rete di Koopmeiners domenica sera allo Stadium, sullo schema da calcio piazzato. Episodi “sconcertanti” per come si sono sviluppati, ma analizziamo nel dettaglio. E partiamo dall’episodio più lontano nel tempo, quello del 2-1 firmato da Raspadori dopo l’errore dal dischetto di Osimhen.

Napoli-Juve, il gol di Raspadori

Il peccato della Juventus ha una componente tattica e pure una tecnica: nel calcio moderno sbagliare un penalty è diventato frequente, per abilità, stazza e rapidità dei portieri. Dunque fiondarsi su una respinta deve (e per tanti è) diventato un fondamentale sul quale lavorare in allenamento: quel gol preso dalla Juventus non è determinato dalla sfortuna né da una leggerezza. Si tratta di una mancanza di esperienza e preparazione nel lavoro quotidiano: sono in tre i giocatori del Napoli a partire - come da un blocco di partenza nel momento in cui Osimhen comincia la rincorsa per calciare il rigore - a 5 metri dall’inizio dell’area dalla parte sinistra di Szczesny mentre i 4 bianconeri da quella parte sono tutti a pochi centimetri dalla linea dell’area, costretti ad aspettare che l’attaccante calci il rigore: ciò che capita dopo è un principio della dinamica. E il gol di Raspadori è la diretta conseguenza di una situazione di gioco da fermo preparata in allenamento. Anche perché, se anche non fosse arrivato l’ex Sassuolo per primo, ci avrebbe pensato uno tra Anguissa e Di Lorenzo a scaraventare il pallone alle spalle del portiere juventino.Sarebbe bastato avere un paio di giocatori in meno sulla linea dell’area, dirottandoli sulle tracce degli azzurri pronti a scattare, per scongiurare il pericolo. E se si analizzano le immagini è facilmente intuibile come sarebbe probabilmente andata allo stesso modo se Szczesny avesse respinto il pallone dalla parte opposta, sulla sua destra.

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