TORINO - Stretta di mano vigorosa e, a un metro e novanta di altezza, lo sguardo sereno di chi sente in pace col mondo ma è pronto ad accendersi come il fuoco alla prossima battaglia. Federico Gatti è un gigante buono nella vita, di quelli però che si trasformano quando entrano in campo e se di mezzo c’è un pallone ecco che la partita ha il potere di tirargli fuori forza e tempra da gladiatore. Domani non c’è una partita ma il derby, la partita delle partite. Il difensore della Juventus, cresciuto nei dilettanti e arrivato all’Olimpo dopo aver salito tutti in gradini del calcio dalla Promozione, all’Eccellenza, la Serie D, la Serie C e la Serie B, parla della stracittadina, del mondo Juve, del passato, dell’Europa, della Nazionale e della sua voglia matta. Tornare in Champions.
Federico Gatti, da quando è arrivato alla Juventus in cosa si sente migliorato e in cosa sente di doversi ancora migliorare?
«I margini sono enormi. Sono cresciuto nella personalità e quella te la danno le partite e l’esperienza, gli errori. Un aspetto per il quale sono veramente grato ad Allegri è il fatto di avermi dato la possibilità di crescere. Quando fai un errore e poi vieni messo da parte è dura, invece lui mi ha dato continuità e questo mi ha permesso di diventare più forte e un giocatore migliore. Poi nella Juve è normale che cresci, qui io cresco ogni giorno. Devo migliorare ancora in termini difensivi e di impostazione».
Lei è arrivato alla Juventus, che è il top, dopo tanti anni passati nei dilettanti. C’è qualcosa di cui ha nostalgia di quel calcio più “artigianale”?
«E’ stato un percorso bello perché ogni step è stato importante. Anni bellissimi, come la vittoria del campionato di Eccellenza col Verbania. Ricordo che vivevo nella stessa casa con due compagni: avevano 8 e 4 anni più di me, uno che arrivava dalla Francia, Marsiglia, e uno da Roma. Si creava un legame fantastico. Quello un po’ mi manca, ma la vita mi è cambiata totalmente».