L'obiettivo - ambizioso - è rinforzare la rosa bilanciando entrate e uscite senza però cedere i big, come chiesto da Simone Inzaghi. Un sudoku che Piero Ausilio e Dario Baccin, suo fidatissimo braccio destro, devono sbrogliare grazie a una politica fatta di giochi a incastri: a ogni azione, corrisponde una reazione e viceversa. Tra l’altro, se si vuole guardare il bicchiere mezzo pieno, grazie a quanto combinato dall’Inter in Champions, quest’anno l’asticella posta da Suning non prevede più di chiudere il mercato in attivo di 60 milioni, ma che il saldo tra entrate e uscite sia pari a zero. Il che, per chi era abituato a dover cedere i pezzi più pregiati dell’argenteria (Lukaku, rientrato poi dalla “finestra” e Hakimi, un addio che brucia ancora a chi governa l’area tecnica), rappresenta comunque una boccata d’ossigeno.
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Problema è che l’asticella, essendo arrivata l’Inter in finale di Champions, si è alzata: obiettivo per la stagione che verrà è vincere il campionato (sarebbe lo scudetto della 2ª stella) e fare strada nuovamente in Europa, dove l’Inter ha dimostrato di potersela giocare pure contro i migliori della compagnia, ovvero il Manchester City di Pep Guardiola. La rosa è competitiva già così com’è e quindi - in assenza di dolorosissime partenze - l’obiettivo (al momento) è rendere più profonde e qualitative le rotazioni. A ogni mossa in entrata, si diceva, deve corrisponderne una in uscita. Con i primi milioni incassati (dal riscatto di Pirola da parte della Salernitana e dall’acquisto di Zaniolo da parte del Galasataray), sono stati presi Acerbi (4 milioni alla Lazio) e Bisseck (7 milioni la clausola a favore dell’Aarhus, pagabile però in 2 rate da 3.5 l’una). Questo sarà il modus operandi che regolerà il mercato dell’Inter.
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