L’immagine della Juventus
Gravina, tuttavia, ha ragione (non gli capita di rado, d’altronde), la Juventus deve ricostruire la propria immagine, soprattutto a livello sportivo. Sta chiudendo la seconda stagione consecutive senza trofei, senza acuti, senza eroi e senza imprese: due stagioni anonime di brutte, a volte bruttissime, partite; di pochi gol; di delusioni brucianti; di momenti chiave sempre falliti e di tanti, troppi rimpianti per scelte frettolose. Ma non sono le sconfitte che macchiano l’immagine del club agli occhi del suo popolo, quanto il come le sconfitte sono arrivate. Non è la mancanza di trofei che angustia milioni di tifosi, quanto la sensazione di impotenza e fragilità che ha dato la squadra da due anni a questa parte. La Juventus e la sua gente non hanno mai avuto l’ossessione dell’estetica pallonara: fedeli a una certa piemontesità hanno sempre apprezzato la solidità, la concretezza, l’agonismo e lo spirito combattente. Cose mai viste o viste assai fugacemente nelle ultime due malandate stagioni.
La Juventus del futuro
La ricostruzione deve partire da lì, dalla rinascita di uno spirito, dalla ricerca della necessaria intensità atletica, da un’idea di manovra offensiva che non debba solo ed esclusivamente basarsi sull’intuizione estemporanea del singolo. Altrimenti se la Juventus continuasse a trascinare calcio abulico sul prato dello Stadium, le tribune, già freddine, diventerebbero artiche e la pazienza dei tifosi, giù bucata dalla giustizia sportiva, si sgonfierebbe del tutto. La Juventus, nel giro di un mese, conoscerà le decisioni dei giudici e dovrà elaborare le proprie sul direttore sportivo e sull’allenatore. Allegri non è affatto sicuro di essere esonerato, anzi. Ma la Juventus del futuro deve cercare talenti low cost, sfruttare la seconda squadra e far funzionare tutto in modo da rigenerare anche l’entusiasmo. È Allegri l’allenatore che può garantire la riuscita di questo progetto? La risposta può anche essere sì, ma presuppone cambiamenti cruciali da parte del tecnico. Serve, dunque, una riflessione attenta: il rischio, qualunque sia la scelta, è di allungare i tempi di ricostruzione, perdere tempo, soldi e tifosi.