Quanto vi confrontate in settimana su questi temi?
«Tanto: guardiamo video, rivediamo le nostre partite per valutare cosa è stato fatto bene e cosa invece no. Ci aiuta molto il supporto di Magnanelli e Padoin, in questo».
A proposito, si è parlato molto dell’ingresso nello staff di Magnanelli: cosa ha portato in più?
«Ha preso in tutto e per tutto il posto di Bianco, con cui abbiamo avuto meno tempo di lavorare perché lo scorso anno ogni tre giorni eravamo in campo. In questa stagione, invece, abbiamo più margine per provare e riprovare gli schemi nel corso della settimana: quando abbiamo avuto conferma dell’esclusione dalle coppe, l’intero piano d’allenamento è stato rimodulato».
Ma avvertite un po’ di scetticismo intorno a questa Juventus in fase di rilancio?
«Veniamo da due anni di fila senza trofei: questo alla società non fa piacere e, probabilmente, influisce anche sulla percezione della squadra dall’esterno. Ma il nostro obiettivo è quello entrare nella prossima Champions League, come già avevamo fatto lo scorso anno, quando il risultato ci è stato sottratto dopo che ce l’eravamo conquistato sul campo. Poi, per carità: vediamo dove saremo a marzo... a quel punto capiremo se potremo ambire a qualcosa in più!».
Ecco, a distanza di qualche mese dall’accaduto: come vivevate in gruppo, lo scorso anno, l’evoluzione delle vicende extra-campo?
«Con il pensiero, per quanto mi riguarda, che sarebbe stato più lineare affrontare il tema a fine stagione. A campionato in corso, invece, è stato davvero difficile da gestire: puoi anche aspettarti delle sanzioni, ma quando poi vedi nel concreto la classifica cambiare di colpo… Siamo scesi in campo dando sempre il massimo, fa ovviamente male assistere a un declassamento improvviso. E poi i punti tolti, ridati e di nuovo tolti: non è stato per nulla semplice da digerire».
Si è venuta a creare una certa depressione, a lungo andare, nello spogliatoio?
«No, al contrario: è emersa una grande voglia di rivalsa. A volte, però, si è rivelato difficile anche riuscire ad esprimerla. Come accaduto ad Empoli, per esempio, quando siamo stati informati della penalizzazione a pochi minuti dall’ingresso in campo. Il mantra era diventato quello di provare a combattere contro tutto e tutti: gli avversari, ma anche tutti i fattori esterni».
Le vicende giudiziarie vi hanno lasciato in eredità più rabbia o, archiviato ogni discorso, più un senso di leggerezza?
«Sinceramente oggi nessuno ne parla più in spogliatoio, né i giocatori né l’allenatore: finalmente abbiamo la testa davvero libera per pensare solamente al campo».