Juve, viaggio nella crisi: cosa non sta funzionando e il fattore novità

Il ko di San Siro contro l'Inter ha lasciato il segno mentre gli infortuni di Chiesa e Vlahovic hanno limitato l'attacco

Vlahovic in tenuta da gioco che riceve il premio come miglior giocatore di Serie A di gennaio, ma poi si rimette in borghese e guarda la partita contro l’Udinese dalla tribuna, è un’immagine emblematica del momento della Juve. Scintillante come il suo bomber da Natale a fine gennaio - cinque vittorie e un pareggio con sei gol e un assist del serbo - smarritasi come lui a febbraio: due sconfitte, con DV9 protagonista in negativo in quella con l’Inter per il gol mangiato sullo 0-0 e assente lunedì per un sovraccarico a un adduttore.

Juve, tra Vlahovic e Milik

L’assenza di Vlahovic contro l’Udinese e quel controllo sballato contro l’Inter hanno sicuramente pesato nella brusca frenata bianconera, ma non ne sono certo l’unica ragione. Anche perché la Juve ha iniziato a frenare prima di Vlahovic, autore del vantaggio nella partita con l’Empoli allo Stadium poi finita 1-1 il 27 gennaio. Quel pareggio ha una ragione primaria semplice: l’espulsione di Milik al 16’. In 10 contro 11, anche contro una squadra più debole, è normale faticare. Il che non significa che sia impossibile vincere: e la partita ha lasciato il dubbio che qualche settimana o mese prima la Juve, una volta in vantaggio, avrebbe portato a casa i tre punti. 

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Milik con l'Empoli, Inter e Udinese

Così come a San Siro, dietro all’evidenza di un’Inter superiore in tutto, si è avuta la sensazione di una Juve comunque non al top: di certo intimidita in alcuni elementi da peso e palcoscenico della sfida, di certo non al top in altri (Rabiot al rientro dopo 15 giorni di stop). Quel ko ha avuto un contraccolpo sul morale bianconero: contro l’Udinese sono mancati quell’entusiasmo e quella cattiveria agonistica che ne derivava che avevano permesso alla Juve di risolvere situazioni complicate quanto quella - molto complicata - di attaccare la squadra di Cioffi chiusa dopo lo 0-1.

Juve, le ragioni dei passi falsi

Ognuno dei tre passi falsi ha dunque ragioni specifiche, ma anche punti in comune che non permettono di derubricarli come tre episodi a sé stanti. A cominciare dai gol subiti: tra Baldanzi libero di caricare il destro dal limite, Pavard libero in area e Giannetti “servito” da Alex Sandro, la difesa pare aver perso un po’ di quella concentrazione e cattiveria che ne avevano fatto uno dei cardini della squadra. L’aspetto mentale è emerso in modo preponderante contro l’Udinese, ma anche con la timidezza mostrata a San Siro e con una mancanza di personalità nel gestire il vantaggio contro l’Empoli.

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Juventus, gambe meno reattive

Difetti fisiologici per una squadra giovane (non solo in termini anagrafici, ma anche di esperienza ad alto livello), a cui però Allegri e Giuntoli devono subito porre rimedio: il rischio che la squadra cali a livello emotivo considerando ormai sfumato lo Scudetto è di gran lunga il pericolo principale che la Juventus corre oggi. È la testa che comanda le gambe, si dice, ma le gambe devono essere in grado di rispondere. E quelle bianconere nelle ultime settimane sono sembrate meno reattive: una flessione normale durante un’annata, soprattutto per alcuni giocatori che hanno speso tanto come McKennie. È vero che la Juve non ha le coppe europee, ma ha anche un organico tarato su due sole competizioni, dal quale per giunta sono spariti due giocatori importanti tra settembre e ottobre, entrambi a centrocampo (Pogba e Fagioli).

Il fattore Alcaraz

La speranza è che l’arrivo di Alcaraz possa portare energie fresche e qualità per quanto riguarda il reparto mediano, mentre recuperare pienamente Chiesa e Vlahovic è indispensabile in avanti: i due attaccanti dovevano essere il punto di forza bianconero, ma tra un acciacco e un altro sono stati contemporaneamente in forma giusto nelle prime cinque giornate. E, una volta recuperati pienamente, qualcosa di nuovo potrebbe forse aiutarli a essere più efficaci: ora la Juve deve ritrovare certezze, ma poi un innesto (Alcaraz?) o un cambio di sistema (il 4-3-3 della ripresa con l’Udinese con dentro Yildiz?) potrebbero aiutare anche a ritrovare entusiasmo. Che non c’è ragione di perdere, perché 1 punto in tre partite è poco, ma 53 in 24 restano tanti.

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Vlahovic in tenuta da gioco che riceve il premio come miglior giocatore di Serie A di gennaio, ma poi si rimette in borghese e guarda la partita contro l’Udinese dalla tribuna, è un’immagine emblematica del momento della Juve. Scintillante come il suo bomber da Natale a fine gennaio - cinque vittorie e un pareggio con sei gol e un assist del serbo - smarritasi come lui a febbraio: due sconfitte, con DV9 protagonista in negativo in quella con l’Inter per il gol mangiato sullo 0-0 e assente lunedì per un sovraccarico a un adduttore.

Juve, tra Vlahovic e Milik

L’assenza di Vlahovic contro l’Udinese e quel controllo sballato contro l’Inter hanno sicuramente pesato nella brusca frenata bianconera, ma non ne sono certo l’unica ragione. Anche perché la Juve ha iniziato a frenare prima di Vlahovic, autore del vantaggio nella partita con l’Empoli allo Stadium poi finita 1-1 il 27 gennaio. Quel pareggio ha una ragione primaria semplice: l’espulsione di Milik al 16’. In 10 contro 11, anche contro una squadra più debole, è normale faticare. Il che non significa che sia impossibile vincere: e la partita ha lasciato il dubbio che qualche settimana o mese prima la Juve, una volta in vantaggio, avrebbe portato a casa i tre punti. 

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