
Gira il mondo con le Leggende del Real Madrid, con tour che a momenti neanche Taylor Swift e nel frattempo ragiona sul calcio sempre con grande lucidità, studiandone le evoluzioni. E il bello di Fabio Cannavaro è che non è né modernista né passatista, guarda e talvolta apprezza le inevitabili evoluzioni del gioco e filtra tutto con l’esperienza di quarant’anni di calcio, senza rimpiangere mai i "bei tempi", senza ritenere superato mai niente. "Perché il calcio è sempre quello, non cambia mai. È sempre una questione di spazio e tempo. Devi togliere lo spazio agli avversari e dare loro meno tempo per pensare e fare qualcosa. E devi conquistare il tempo e lo spazio per poter costruire tu qualcosa. Poi ci sono infiniti modi per riuscirci e quella è l’evoluzione del gioco. A me, per esempio, piace molto la costruzione dal basso, ma non posso pensare che esista solo quella. Il mondo del calcio è vittima delle mode per cui ci sono idee o modelli che vanno e vengono, ma l’integralismo non va mai bene. A volte puoi costruire dal basso, a volte puoi lanciare lungo, a volte puoi fare altre cose ancora. Dipende dai giocatori che hai, per esempio".
È molto logico e molto saggio, Cannavaro. E allora ne approfitto: a proposito di cambiamenti ed evoluzioni, cosa ne pensa della nuova Champions League?
"Non lo so. Io sono legato alle Coppe di una volta, l’eliminazione diretta fin dall’inizio rendeva tutto più adrenalinico. Anche i gironi erano più elettrizzanti di questa formula, dove però alla fine vengono fuori i valori e ci sono molte più partite, forse per accontentare il pubblico. Diciamo che la classifica a 36 squadre è difficile da capire, ma forse perché è la prima edizione. Tutte le novità, all’inizio, vanno metabolizzate. Tra qualche anno questa formula la capiremo meglio e forse ci piacerà tantissimo. Il calcio cambia, giusto così".
Non sempre in meglio. Per esempio, non sembra appassionare un po’ meno le nuove generazioni.
"Vero, forse troppa tattica e tanti altri sport che attraggono. Detto ciò, anche la selezione dei giovani è cambiata in modo rischioso. Scegliere i ragazzi solo per il fisico, senza valutare con la necessaria attenzione la tecnica non è sano per il calcio. Una volta il controllo della palla era il primo fattore che incideva sulla selezione del ragazzo, ora si guarda se è più alto della media e si dice: 'la tecnica poi la imparerà”' Mah... Io forse non sarei stato selezionato, oggi i centrali difensivi della Premier sono 1.94. Io forse saltavo 1.94! (ride)".
E la concorrenza degli altri sport, in questo momento, è più forte che mai in Italia.
"Le squadre, non tutte per carità, passano anche un messaggio sbagliato. Ispirano ai ragazzi che il calcio sia una strada per guadagnare tanto e velocemente. Così si alimentano delle ambizioni e si uccide la passione. Si deve giocare per passione e se c’è talento si arriva in alto".